La Stampa, 22 aprile 2016
Draghi ribadisce che la Bce è indipendente dalla politica ma la Merkel sostiene che quella sui tassi bassi è una critica che va discussa, non un’intromissione
Marco Zatterin per la Stampa Il dato tecnico è che la Bce intende mantenere i mini-tassi dove sono per molto tempo, almeno sino all’aprile 2017, e l’alternativa è solo che vadano più in basso. Quello politico è la decisa replica di Mario Draghi alle critiche rivoltegli in Germania, alle parole del ministro Schaeuble e di vari esponenti della maggioranza tedesca contro la strategia dell’Eurotower. «Davvero un presidente non italiano avrebbe preso delle decisioni diverse?», ha chiesto il banchiere centrale, rapido a ricordare il predecessore Trichet che, di recente, ha ammesso che lui avrebbe agito allo stesso modo. «C’è stata unanimità fra noi nel difendere l’indipendenza della Banca», ha assicurato. Perché l’istituzione «obbedisce alla legge e ai Trattati, non alla politica».
Sono tempi insidiosi. Al centro dello scenario dipinto dagli uomini di Francoforte resta una congiuntura in lenta espansione, con «rischi al ribasso per le condizioni geopolitiche e globali». Draghi ha ribadito nell’incontro stampa seguito al board di primavera svoltosi a Francoforte che la Bce è pronta a fare il possibile nell’ambito del mandato, però ha nuovamente redarguito i governi europei, colpevoli di un livello «insufficiente» di riforme. Vorrebbe che tutti facessero la propria parte. «Negli ultimi quattro anni – sottolinea il banchiere centrale – la nostra politica monetaria è stata l’unica a sostenere la crescita». Senza, dal 2014 «avremmo 1,6 punti di Pil in meno e l’inflazione negativa».
Rispetto al 10 marzo – giorno uno dell’azzeramento storico e della nuova operazione di liquidità col «Quantitative easing» (Qe) da 80 miliardi mensili (acquisto di titoli, ampliato ai bond societari da giugno) – il quadro non è mutato. La Bce resta preoccupata per l’euro apprezzato, però la farse sul «non rialzo» dei tassi potrebbe spingere il dollaro.
Mentre il suo vice Costancio si prepara all’Ecofin informale che parte stamane a Amsterdam dicendo che «c’è una ragione per rivedere il rischio connesso ai titoli di stato detenuti dalle banche», ma «la revisione non deve creare turbolenze sui mercati dei bond sovrani», Draghi allontana i rumori di fondo. Come la «helicopter money», misura straordinaria che distribuisce soldi a cittadini e imprese senza passare per le banche. Non la nega. Ma giura che «non ne abbiamo parlato» e tanto basterebbe per passare ad altro. Se non fosse che un tweet della Deutsche Bank, provocatoriamente, invita a prendere l’elicottero invece del Qe.
Quello tedesco è un disturbo serio. Si è costruita l’idea che l’operato di Draghi fomenti i partiti euroscettici, che danneggi l’immagine stessa della Bce, che il prossimo presidente dovrà essere tedesco. Con misura il banchiere centrale ha smontato le tesi avverse. La Bce ha un mandato «per l’intera Eurozona, non per la sola Germania», ha detto. Agisce nel rispetto della propria indipendenza, cosa che rappresenta un dogma per le genti alemanne. «Le nostre politiche non sono diverse da quelle che condotte in molte altre parti». L’azione funziona, ha garantito, e un allentamento della stretta aggressivo è necessaria per facilitare la crescita e rilanciare l’inflazione. Quando? «La variazione dei prezzi potrebbe andare sotto zero, ma risarà sopra nella seconda metà del 2016».
Draghi ammette che la politica dei tassi zero ha delle controindicazioni. Ribadisce di tenerlo in considerazione. Sino a trovare un nuovo spunto per parlare ai tedeschi, stavolta a banche e assicurazioni che in Germania imputano al costo del danaro ridotto le loro difficoltà. «Chiedo a tutto il settore che resistere alla tentazione di incolpare i bassi tassi d’interesse per ciò che va male», ha detto, prima di tendere la mano a Wolfgang Schaeuble. «I nostri colloqui a Washington sono stati molto positivi, fruttosi e tranquilli e amichevoli», ha concesso, aggiungendo di aver bene accolto il chiarimento del tedesco. Match finito? Sarebbe opportuno. Ma non c’è da scommetterci.
Alessandro Alviani per La Stampa
Pieno appoggio all’indipendenza della Bce, ma non bisogna scambiare le «legittime» discussioni in Germania sulle sue politiche con un tentativo di intromissione. È netta la posizione che Angela Merkel esprime poco dopo le dichiarazioni con cui Mario Draghi aveva respinto le critiche arrivate nei giorni scorsi nei suoi confronti da diversi politici tedeschi. Da Eindhoven, dove ha incontrato il premier olandese Mark Rutte, la cancelliera ha ribadito il principio dell’indipendenza della Bce. «Ha un chiaro mandato, cioè la stabilità dei prezzi. È indiscusso che la politica monetaria non possa risolvere tutte le questioni, per questo noi politici abbiamo la responsabilità di fare i compiti a casa nel nostro ambito, cioè nella politica economica, sul fronte delle innovazioni e delle riforme strutturali – esordisce Merkel – Tanto meglio ci riusciremo, tanto più velocemente si raggiungerà la crescita economica e così il tasso di inflazione tornerà di sicuro a crescere».
Tuttavia, aggiunge, «il fatto che in Germania le persone discutano che i tassi sono già stati più elevati e che questo ha anche determinati effetti, credo sia legittimo e non deve essere confuso con un’interferenza nella politica indipendente della Bce, che io appoggio pienamente».
Più che a una “discussione”, in realtà, le accuse giunte dalla Germania all’indirizzo di Draghi ricordavano più un tiro al bersaglio. Il prossimo presidente della Bce dovrà essere un tedesco, aveva sollecitato ad esempio il ministro delle Finanze bavarese, Markus Söder, chiarendo che «non possiamo permetterci un altro Draghi». Il mal di pancia nei confronti dell’Eurotower per la sua politica dei mini-tassi accomuna titolari di polizze vita, irritati per il calo dei rendimenti (in Germania le assicurazioni sulla vita sono oltre 90 milioni, cioè più della popolazione residente, visto che in molti hanno siglato due o tre contratti), risparmiatori, che malgrado il crollo degli interessi continuano a privilegiare libretti di risparmio e conti corrente, nonché assicurazioni, banche e Casse di risparmio. «I tassi zero costano ai risparmiatori 125 miliardi di euro!», urlava sabato scorso la Bild su una foto di Draghi.
A provare a placare i toni ci aveva pensato mercoledì il ministro dell’Economia tedesco e vice cancelliere, Sigmar Gabriel, che era sceso in campo a sostegno di Draghi. «Bisogna smetterla col giochetto ’Bad Guy Bce’», il problema sono semmai la scarsa crescita e i bassi investimenti, conseguenza del fatto che per troppo tempo ci si è concentrati solo su politiche di austerity, ha notato Gabriel. E ieri sulla Süddeutsche Zeitung l’economista Peter Bofinger, uno dei cinque “saggi” che consigliano il governo tedesco, ha ricordato che Draghi ha salvato l’euro «e la Germania avrebbe tutte le ragioni per ringraziarlo perché è riuscito, in condizioni difficili, a stabilizzare l’Eurozona e a stimolare al tempo stesso l’economia tedesca».
Difficile, però, che le polemiche si plachino. Interpellato da “La Stampa”, Ralph Brinkhaus, vice capogruppo della Cdu/Csu al Bundestag e uno dei critici di Draghi nei giorni scorsi, sostiene che «è indiscusso che la Bce faccia politica monetaria per l’intera Eurozona e non solo per la Germania, ma è proprio per questo che è sua responsabilità spiegare anche ai tedeschi perché le sue decisioni di politica monetaria siano giuste. Questo non è un compito della politica tedesca. E spiegare come un mantra che i tassi di inflazione nell’Eurozona sono troppo bassi, semplicemente non è sufficiente».
Ovviamente rispettiamo l’indipendenza della Bce, aggiunge Brinkhaus, ma quest’ultima dovrebbe usare le critiche leali per interrogarsi sulle sue azioni ed eventualmente “ottimizzarle”.