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 2016  aprile 22 Venerdì calendario

Il piano A e il piano B per la Siria

Leggo che la Cia, nel caso dovesse fallire il cessate il fuoco in Siria è pronta a fornire, tramite i suoi alleati, nuovi armamenti ai ribelli «moderati». Due riflessioni. La prima: la storia contemporanea ci insegna che i ribelli definiti «moderati» spesso non lo sono, e altrettanto spesso possono modificare la loro linea di condotta e arruolarsi nelle file dei fondamentalisti: armarli sarebbe un salto nel buio. La seconda: promettere armamenti a una delle due parti in conflitto qualora dovesse saltare la tregua non equivale ad un’istigazione a sabotarla?
Roberto Bellia paradosso44@yahoo.it

Caro Bellia,
La fornitura di armi ai ribelli farebbe parte di un Piano B, destinato a divenire operativo se la tregua venisse definitivamente violata e i negoziati svizzeri, per la ricerca di una soluzione politica della crisi siriana, fallissero. Ho scritto «definitivamente» perché negli scorsi giorni le violazioni della tregua sono state frequenti, da una parte e dall’altra, ma forse non tali da pregiudicare per ora l’intera operazione. Tutti sembrano desiderare una intesa, ma vorrebbero sottoscriverla soltanto dopo avere migliorato, per quanto possibile, le loro posizioni sul terreno.
Adottato in questo momento, nel corso di una riunione della Cia con i servizi segreti di altri Paesi coinvolti nella vicenda, il Piano B sembra quindi essere anzitutto un’arma di pressione politica per indurre il regime siriano ad accettare una prospettiva in cui il clan degli Assad perderebbe il potere. Ma il regime non rinuncia a usare le carte di cui dispone. Ha vinto alcune battaglie contro l’Isis, si prepara a tentare la riconquista dell’intera Aleppo e ha chiamato i siriani alle urne (anche se moltissimi non saranno in grado di votare) per conferire alla propria immagine una patina di legittimità democratica.
Quello che maggiormente colpisce, in questa fase della crisi siriana, è l’ambiguità di tutti i protagonisti e la loro reciproca diffidenza. Bashar Al Assad accetta il negoziato, ma non ha alcuna intenzione di uscire di scena. Putin vuole salvare il regime e salvaguardare la presenza militare del suo Paese nelle due basi di Tartous e Latakia; ma è probabilmente disposto a sacrificare Assad. La Cia promette armi, se i negoziati falliscono, ma ricorda ciò che è accaduto degli arsenali di Gheddafi, dopo la fine del suo regime e non vuole che cadano nelle mani di jihadisti e islamisti. È stato proposto che i Manpad (missili anti-aerei a corto raggio, trasportabili a spalla) vengano corretti con sensori che renderebbero impossibile il loro uso in aree geografiche diverse da quelle del conflitto siriano. Come vede, caro Bellia, questa è una crisi in cui nessuno si fida di nessuno.