Corriere della Sera, 21 aprile 2016
Il cartellino azzurro per chi bestemmia in campo
Dunque, allontanamento temporaneo per chi bestemmia in campo: non più cartellino rosso ed espulsione. È la decisione presa dal Csi di Torino, l’organizzazione sportiva di ispirazione e di area cattolica. Il cartellino azzurro non si era mai visto in un campo da calcio, ma a quanto pare lo si vedrà tra poco. L’arbitro buono, in veste di fata turchina, perdona non la parolaccia (già perdonabile da tempo) ma la vera e propria bestemmia, non il turpiloquio ma l’imprecazione blasfema, che da domani varrà come un fallo da ultimo uomo. Ed è curioso. Perché se un campionato come il Csi vuole distinguersi dagli altri per la tradizione cattolica, dovrebbe differenziarsi anche per la punizione esemplare della parola impronunciabile contro Dio e la Madonna. Insomma: io, genitore confessionale, mando mio figlio a giocare in una squadra del Csi in quanto credo che lo sport sia inteso dal Csi in modo più educativo e pedagogico che nei campionati «laici», in ottemperanza almeno a quei dieci comandamenti tra cui si prevede anche il divieto di nominare il nome di Dio invano, e mi ritrovo un arbitro che lascia passare la bestemmia a cuor leggero mostrando un pallido cartellino azzurrino. Roba da matti. Dice uno dei dirigenti, Gianco Ferreri: «Smoccolare non è bello, ma purtroppo ogni tanto scappa... Dopo tutto stiamo giocando al calcio». Bel principio. E allora che differenza c’è tra un campionato tout court e il Csi? Che cosa dico a mio figlio? Caro bambino, sono tanto religioso che ti iscrivo al Csi, dove non sono abbastanza religiosi da punirti se bestemmi...