la Repubblica, 21 aprile 2016
Tra avvisi di garanzia e conti in rosso sembra fallita la gestione Cinque Stelle di Livorno
Avvisi di garanzia, dossieraggi, società partecipate con l’acqua alla gola, una base in imbarazzo, un vertice nazionale stranamente silente, un solo voto che tiene in vita la maggioranza. Sotto i Quattro Mori i Cinque Stelle se la devono vedere con questi sei, pesantissimi, problemi. La conquista a sorpresa della città che diede i natali al Pci e che non aveva mai tradito la sinistra per ora si è rivelata vuoto a perdere.
Il sindaco Filippo Nogarin è in trincea. Presto un avviso di garanzia potrebbe piombare anche sulla sua scrivania, visto che gli atti contestati e varati dall’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti sulla vicenda Aamps, la controllata dei rifiuti oberata dai debiti, li ha controfirmati lui. E a Lemmetti l’avviso è già stato recapitato. «Mi raccomando – va dicendo Nogarin in questi giorni – non fate i forcaioli...». Sembra quasi una battuta, in bocca a un grillino doc. Fuori dal palazzo di città un consigliere fuoriuscito dal M5S, Marco Valiani, agita le manette: «Quando succedeva agli altri si dovevano dimettere – spiega – ora che tocca a loro sono garantisti. La verità è che il programma e i valori del movimento qui sono stati traditi». Ma il sindaco non ci sta: «Siamo stati noi a portare i libri in tribunale, poi abbiamo fatto scelte coraggiose che rivendichiamo. Vogliamo che la magistratura faccia il suo corso. Dopodiché mi rendo conto che sulla pelle della città si sta giocando una battaglia politica nazionale, ma non si può speculare così su Livorno».
Il punto è che chiunque da Roma provi a cavalcare la vicenda non sa che qui, la storia, è scivolosa per tutti. Il Pd non si è mai ripreso dalla sconfitta e su Aamps il grosso degli avvisi di garanzia sono arrivati ai suoi ex amministratori, compreso il sindaco uscente Alessandro Cosimi; la sinistra radicale non sa se dare altre chance alla rivoluzione grillina; la destra non esiste.
Il caso Aamps riempie le pagine dei quotidiani locali da mesi. In sei anni l’evasione fiscale della Tia è stata di 31 milioni di euro, forse comprensibile in una città caduta in profonda crisi ben prima che la crisi cominciasse. Da qui il buco di bilancio, sempre più difficile da ripianare visto che i fondi ai comuni venivano drasticamente tagliati anno dopo anno. «Io so che ho operato in mezzo a difficoltà enormi – dice oggi Cosimi – mentre oggi l’obiettivo dell’amministrazione è sbugiardare tutte le scelte del passato». Tipo rimuovere immediatamente il cda, costata l’accusa di abuso d’ufficio a Lemmetti. O l’aver assunto 33 precari in una condizione già difficile, scelta che avrebbe innescato la bancarotta fraudolenta. Lui, l’assessore pentastellato puntato dalla Procura, ex cassiere in una discoteca viareggina, si aggira silenzioso per gli uffici comunali: «Non mi dimetto, la mia azione è sempre stata trasparente», assicura.
Di sicuro nelle scelte sue e di Nogarin, come quella cruciale di non ricapitalizzare l’azienda e puntare al concordato preventivo, c’è lo zampino di un avvocato genovese, Luca Lanzalone, si dice consigliato dal famigerato staff.
L’ultimo caso degno di House of Cards è la lettera anonima fatta recapitare ai capogruppo consiliari in cui si accusavano alcuni eletti (due del M5S) di avere carichi pendenti con il Comune, e per questo non più compatibili con la carica. Ma chi e come è entrato nel cervellone informatico? Mistero. «Il M5S ha diviso il mondo in buoni e cattivi – chiosa Andrea Raspanti, il candidato della sinistra-sinistra che sfiorò il ballottaggio e che diede indicazione di voto per i grillini – così si è creato un conflitto che non è sociale, è pura destabilizzazione. Acqua al mulino del populismo più spinto, alla Salvini».