La Stampa, 21 aprile 2016
Commento al campionato di Gigi Garanzini
Era stata una serata divertente, di prodezze tecniche e nefandezze arbitrali. La prodezza di Dybala, per dirne una, che non era tanto la doppietta a risultato acquisito quanto il contropiede laziale salvato nella propria area sullo 0 a 0 con un recupero prodigioso: una giocata che meglio di un trattato illustra perché la Juventus continui a mietere scudetti. Gli errori del disastroso Calvarese all’Olimpico, la severità implacabile quanto eccessiva di Russo ai danni del derelitto Frosinone. E tanto altro ancora.
Poi la serata è diventata storica. Perché a 4’ dalla fine, meritatamente sotto di 1-2 col Torino, Spalletti si è degnato di far entrare in campo Francesco Totti. Temo per coinvolgerlo nella sconfitta, e scacciare una volta per tutte il fantasma dell’uomo della provvidenza giallorossa. Sì, buonasera. Nel giro di 2’ Totti ha toccato due palloni. Il primo lo ha spedito in spaccata alle spalle di Padelli, il secondo lo ha infilato dal dischetto. Stabilendo, credo proprio e già gli statistici sono al lavoro, un nuovo primato mondiale. Quello di un giocatore che infila i due primi palloni che gli capita di giocare.
Poi è vero che il rigore non c’era, perché il terrificante Calvarese che alla Roma ne aveva negati due, uno più netto dell’altro, non vedeva l’ora di indennizzarla. Ma questo non cambia nulla, perché quella palla scottava come poche e Totti l’ha picchiata nello stesso angolo che mirò 10 anni fa contro l’Australia al Mondiale tedesco. Dopo essere stato in panchina per 86’, così imparava a salvare la Roma a Bergamo tre giorni prima. Dopo aver sofferto per tutto quel tempo una Roma che pativa nettamente un gran bel Torino. Dopo aver visto in campo un pensionato vero come Maicon, basti rivedere cosa combina sul gol del 2-1 di Martinez, mentre lui a quasi 40 anni quando sta così rimane un campione imprescindibile. Per un quarto d’ora, mezzora, per il tempo che la sua ridotta autonomia gli consente. Ma in campo, sino a che respira.
Non vorrei davvero essere nei panni di Spalletti e di Pallotta. In quelli di Totti sì. Per annunciare urbi et orbi che dopo aver avuto la fortuna, mi raccomando, la fortuna di portare la Roma in Champions, me ne vado a giocare ancora un anno altrove. Tanto la società e la squadra sono in buonissime mani.