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 2016  aprile 20 Mercoledì calendario

Dubai, il paradiso dei latitanti italiani

Goodbye Dubai. Fino a sei mesi fa, la Capitale del più famoso dei sette emirati, antica città araba gestita da califfi e petrolieri, era il paradiso dei latitanti italiani. Era? In realtà lo è ancora. Imprenditori, politici, faccendieri, narcotrafficanti continuano a vivere lì, immersi in un’eterna vacanza addolcita da datteri grandi come albicocche, nonostante sei mesi fa sia stato sottoscritto un accordo internazionale dal ministro della Giustizia Andrea Orlando e dal suo omologo Sultan bin Saeed Al Badi. Un trattato che detta le regole di cooperazione giudiziaria fra i due Paesi e che prevede tra i vari punti l’estradizione, parola finora aborrita da quelle parti. Ma l’accordo, che per divenire legge dovrebbe essere ratificato dal Parlamento, invece giace nei cassetti della commissione Affari esteri, presieduta da Fabrizio Cicchitto e non è neppure stato calendarizzato.
 
Lo studio legale che risolve i problemi
“In caso di guai giudiziari Dubai resta il posto migliore”, si legge sul sito della Tirelli & Partners, studio legale specializzato in diritto internazionale. C’è da crederci, visto che il titolare è un giovane avvocato di Torre Annunziata, Alexandro Maria Tirelli, che proprio nella città di Dubai conta i suoi migliori clienti. Amedeo Matacena, ad esempio, oggi maître di un noto ristorante locale, ieri deputato di Forza Italia e armatore della Caronte, società ereditata dal padre che gestiva i traghetti tra Reggio Calabria e Messina. Matacena deve scontare una condanna a tre anni, pena ridotta in Cassazione, per concorso in associazione mafiosa, ma lui ripete continuamente: “Di qui non mi muovo”.
Ma l’avvocato Tirelli assiste anche Raffaele Imperiale, un narcotrafficante che fino a poco tempo fa alloggiava con la famiglia presso l’hotel Burj Al Arab dove una stanza costa 1.500 euro a notte. Ma a lui, scortato a vista da una dozzina di uomini armati, servono almeno due suite. L’Escobar di Posillipo – a cui sono stati sequestrati immobili per 10 milioni – organizza feste e crociere, e nel frattempo continua a procurare droga ai clan che si spartiscono le piazze di Napoli. Lo chiamavano Lelluccio Ferrarelle quando distribuiva acqua minerale, prima di incrociarsi con gli scissionisti di Secondigliano.
Di sicuro a Dubai si rifugia Samuele Landi, l’ex amministratore delegato di Eutelia, inseguito da due ordini di arresto e condanne non ancora definitive a 15 anni per aver fatto sparire dall’azienda aretina 200 milioni di euro e lasciato sul lastrico 2500 lavoratori. Landi ce l’ha con Matacena che a forza di rilasciare interviste – per non parlare del disastro provocato dall’intervento dell’ex ministro Scajola irretito dai begli occhi della moglie Chiara Rizzo – ha finito per attrarre l’attenzione su Dubai: “Mentre lui si vanta che qui non c’è l’estradizione, gliene hanno costruita una su misura”.
Ma l’efficiente Tirelli frena: “Quando l’accordo diverrà legge, non è detto che l’estradizione sia automatica: la magistratura valuta il reato ma è al governo che spetta l’ultima parola”. Qui vive dal 2011 anche il costruttore Andrea Nucera, indagato a Savona per il crac delle società Geo dopo la lottizzazione abusiva della zona T1 di Ceriale, il più grande cantiere edile del Ponente ligure, e su cui grava il sospetto che sia in affari con la ‘ndrina dei Gullace.
Con lui è fuggita anche Simona Musso, la compagna coinvolta nel crac, difesa dall’avvocato Franco Vazio, deputato del Partito democratico. Piccolo conflitto di interessi: Vazio è vicepresidente della commissione Affari esteri che dovrebbe deliberare la legge che riporterà la signora in Italia. Ma il senatore minimizza: “Da mesi non ho contatti con i miei assistiti e ho sempre votato nell’interesse dello Stato”. Però la legge non c’è. E dalle pieghe di questa vicenda rispunta Sciaboletta: il fratello Alessandro Scajola nel 2006 divenne vicepresidente della Carisa (Cassa di risparmio di Savona), la banca che più si è esposta nel crac della Geo, e del consiglio di amministrazione fino al 2013 faceva parte anche il pidino Vazio. Con ruolo di revisore.
 
Fuggiasco il fratello della senatrice Dem
Il Gran Resort dei latitanti di Dubai ospita anche Gabriele De Bono, affarista ben inserito negli ambienti dell’ambasciata, con interessi a Londra e a Monaco. Non ha carichi pendenti in Italia ma è indagato in Spagna insieme a Luciano Gaucci e Stefano Silvestrini, l’ex presidente del Perugia. I tre avevano manifestato interesse alla gestione del Cadice, la squadra di serie B spagnola, ma qualcosa è andato storto. Infine, a Dubai i carabinieri danno la caccia a Claudio Cirinnà, fratello di Monica la senatrice Pd che ha condotto felicemente in porto la legge sulle Unioni civili. L’imprenditore è ricercato dal 2015 per importazione clandestina di gasolio e conseguente truffa sulle accise, affaruccio da circa 18 milioni di euro. Si sospetta che sia riparato a Dubai dopo aver preso il largo da Fiumicino con il suo yacht. A sei mesi dalla firma del trattato a finire in carcere è stato soltanto Massimiliano Alfano, alias Mazinga, un pesce piccolo. Sarà il primo a essere estradato? Forse l’unico.