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 2016  aprile 20 Mercoledì calendario

Il reato diventa ingenuità

«Io sottoscritto Salvatore Cuffaro, detto Totò, nato a Raffadali, Agrigento, il 21 febbraio 1958, in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale, considerata la volontà di farmi carico di rappresentare le istanze dei Devoti di San Calogero e considerata la volontà degli stessi di darmi pieno sostegno, mi impegno in caso di elezione a versare a titolo di contributo volontario ai Devoti di San Calogero la quota mensile di euro 500,00. Diconsi Euro Cinquecento». Ve lo immaginate se l’ex governatore siciliano, uscito da Rebibbia dopo aver scontato 5 anni con una dignità apprezzata anche dagli avversari, avesse firmato un accordo del genere? Potete scommetterci una gamba: sarebbe stato fatto a pezzi (giustamente) dai giornali e dalle tv e si sarebbe visto grandinare addosso (giustamente) chissà quante accuse di reato e sarebbe stato scaricato dai suoi stessi alleati di partito. Andando incontro (giustamente) a un processo che lo avrebbe con ogni probabilità condannato. E sarebbe stata una condanna giusta. Certe cose sono vietate. Punto. Bene: colpevole d’aver firmato un patto identico virgola per virgola salvo l’associazione con cui aveva contrattato i voti (non i Devoti di San Calogero bacchettati per certe ritualità pagane dallo stesso vescovo di Agrigento ma gli Schützen che sputano su Cesare Battisti e rimpiangono Maria Teresa d’Austria), l’ex capogruppo provinciale trentino del Patt Lorenzo Baratter è stato appena benedetto dalla richiesta di archiviazione. Ripetiamo: ar-chi-via-zio-ne. Secondo il procuratore capo di Trento Giuseppe Amato infatti, come spiega l’Ansa, il comportamento degli indagati (e cioè di Baratter, di un altro candidato firmatario del contratto nonché del capo della milizia in braghette di cuoio e cappello piumato) «non avrebbe rilevanza penale e non prefigurerebbe il reato di corruzione elettorale». Secondo il procuratore, il documento «appare più il frutto di una grossolana ingenuità e di un malinteso senso di quelle che sono le regole della buona politica». Immaginatevi Cuffaro: «Signor giudice, solo un ingenuo sono stato!». La parola tocca ora al gip. Dovesse confermare lo stesso giudizio, sarebbe poi divertente se quei magistrati girassero insieme nel Mezzogiorno a spiegare pubblicamente che per carità, la legge non fa distinzioni e come dicono le Sacre scritture «è uguale per tutti». Sì, sarebbe davvero molto divertente…