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 2016  aprile 20 Mercoledì calendario

Che cos’era il Rischiatutto, elogio di un quiz

Doveva chiamarsi «Repentaglio», veniva seguito da una ventina di milioni di italiani abbondanti, è stato in onda per soli quattro anni e non lo è più da 42. Non è difficile indovinare che si sta parlando del Rischiatutto, uno dei maggiori classici della televisione italiana e prova glorificante per uno dei suoi eroi più amati, Mike Bongiorno. Meno facile sarebbe stato prevedere che, a tanta distanza da allora, qualcuno l’avrebbe voluto riproporre, e anche con un certo scrupolo di fedeltà, se non proprio di esattezza filologica.
Ci aveva pensato lo stesso signor Mike, poco prima di scomparire, nel 2009. A prenderne ora il testimone, con l’affettuosa complicità della vedova Daniela Bongiorno, è Fabio Fazio, che di Mike è stato non solo ammiratore, amico e in qualche misura allievo, ma persino inquilino.
Non bisogna con questo pensare che l’attuale ripresa di Rischiatutto sia un’operazione paragonabile a quell’Anima
mia con cui lo stesso Fazio, vent’anni fa, celebrava i miti pop degli anni Settanta (avendo allora come valletta Sabina Ciuffini). Anima mia si rivolgeva a un pubblico che aveva ancora negli occhi e nella memoria Pippi Calzelunghe e Sandokan; di Rischiatutto possono ricordarsi solo i cinquantenni di oggi, allora scolaretti.
Rischiatutto era un quiz classico, basato sulla competenza dei concorrenti: la storia romana per la signora Longari, la musica classica per il dottor Inardi, la geografia del farmacista Fabbricatore. Nei game show della tv successiva, come La Ruota della Fortuna o L’Eredità, la risposta non è più secca ma è una «multiple choice», si può vincere anche per caso. Gli spettatori oggi si immedesimano in concorrenti mediamente sprovveduti, dove a Rischiatutto ci si impressionava per erudizioni minuziose di persone solo apparentemente comuni: Massimo Inardi fu persino sospettato di capacità paranormali.
Oggi però ci sono i talent, in cui il concorrente deve esibirsi, ballare, cantare, cucinare. Gli appassionati di X Factor sanno quanto ogni performance sia curata, per scenografia, luci, coreografia: il cuore del programma è lì. Quello che Fazio ha allora forse in mente è trasformare il vecchio Rischiatutto in una sorta di talent cognitivo. Avrà avuto ragione a due condizioni: che lui riesca a fare spettacolo della distanza enigmatica che il quiz pone fra domanda e risposta; e che noi ci scopriamo disponibili ad ammirare il sapere, sia pure nella forma più dimessa del bagaglio nozionistico.