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 2016  aprile 20 Mercoledì calendario

Una giornata allo stadio, per vedere Cannavacciuolo che prepara i conchiglioni al gorgonzola

«Lei è emozionato?». No.
«Io sì. Molto. Mi emoziono sempre quando vedo il Maestro».
Tra quanto arriva?
«Quando vuole lui, quando decide... Lei è scettico, vero?».
Curioso, direi.
«Dal vivo è molto più bello, la televisione lo gonfia un po’. E poi...».
E poi?
«Beh, si accorgerà che il Maestro non è solo un genio in cucina: è anche un uomo speciale...» (Gaetano detto «Mimì» ha 32 anni e gestisce una trattoria sulla via Domitiana, un po’ prima di Mondragone: ora si siede tra altri osti e aspiranti chef arrivati da ogni regione d’Italia, tra camerieri e studenti delle scuole alberghiere e da tutti riceve complimenti e pacche sulle spalle, hai fatto bene a dire quelle cose sul Maestro, bravo, se le merita proprio, così come noi ci meritiamo lui, i biglietti erano un po’ cari, ma santo cielo che giornata pazzesca ci aspetta adesso).
Il palco è stato allestito sotto la tribuna Monte Mario dello stadio Olimpico.
I fornelli, la credenza con i pacchi di pasta, l’olio, il barattolo del sale, una grossa affettatrice rossa ed è lì, da dietro l’affettatrice, che all’improvviso compare il Maestro.
Antonino Cannavacciuolo.
Il primo chef ad esibirsi in uno stadio.
Chef, poi, per modo di dire: da Vico Equense, 41 anni, due stelle Michelin a Villa Crespi – un castelluccio fiabesco sulle acque del lago d’Orta – imprenditore, scrittore, divulgatore con la sua Academy che organizza l’evento di oggi e, da qualche tempo, divo tv (Master Chef e Cucine da incubo), per altro esattamente come appare in tv: alto, massiccio, i capelli e la barba neri e luccicanti come se ci avesse passato il lucido da scarpe, modi fintamente bruschi, sguardo fintamente disilluso, con la voce impostata, sicura, purissimo talento in cucina ma anche e soprattutto fuori, in pubblico, nello show.
Sulla locandina è scritto: «Spettacolo di alta formazione, cucina e motivazione». Atmosfera mistica. Prima, mentre il Maestro compariva da dietro l’affettatrice, il presentatore ha detto: «... E adesso... adesso vi do quello per cui siete venuti qui oggi...».
La tribuna attraversata come da un fremito, applausi all’inizio quasi trattenuti, qualche cameriera spediva baci, Domenico e Giulia dell’Osteria Re Baldovino di Battipaglia si tengono per mano, un cameriere di Alassio si morde le labbra, hostess strepitose con occhi azzurri da neonato ricordano che è vietato filmare con i cellulari.
Adesso, però, silenzio.
Parla il Maestro.
«Io dico sempre...» (pausa) «...che la tradizione è alla base dell’evoluzione».
Applausi scroscianti.
«Questo piatto...» (pausa) «...lo abbiamo già visto tante volte...» (pausa) «ma io...».
Tenetevi: sta per preparare i conchiglioni al gorgonzola.
È la lezione per il primo piatto: ha già tenuto quella dell’antipasto, seguiranno quella per il secondo e per il dolce (ma sul conchiglione, è inevitabile, cresce l’attenzione del pubblico).
Il segreto della ricetta: una centrifuga di mela verde e sedano e, per evitare che la mela verde diventi scura, l’aggiunta di qualche goccia di vitamina C.
«Che tra l’altro – spiega con tono solenne il Maestro – fa anche bene al corpo, perché questa è una vitamina presa dalla frutta...». Gente che annuisce. Molti prendono appunti. Alessandro, uno dei due assistenti, deve lessare i conchiglioni. Gabriele ha invece il delicato compito di preparare una crema di gorgonzola.
Sono minuti lunghi.
Mimì, l’oste di Mondragone, dice a bassa voce che lui, a questo punto, aggiungerebbe un po’ di latte e di parmigiano. Il Maestro, che pure sta laggiù, sul palco, sembra averlo ascoltato.
«Io lo so cosa farebbero molti di voi a questo punto... mantegherebbero con latte e parmigiano... ma la gente, in sala, poi che vi dice? Vi dice: io questa pasta me la preparo a casa...».
Mimì, mortificato, china la testa.
Il Maestro non mantega, no: con pazienza, lentamente, inizia invece a farcire ciascun conchiglione con il gorgonzola e poi impiatta aggiungendo un velo di centrifuga.
I piatti vengono portati a quattro persone che sono state sorteggiate tra il pubblico, e alle quali il destino ha concesso il privilegio di assaggiare. Su un megaschermo scorrono le loro immagini mentre masticano sotto lo sguardo severo del Maestro: uno accenna una mezza smorfia di entusiasmo, quello che gli sta accanto quasi se lo inghiotte sano l’ultimo conchiglione, gli altri due hanno già finito.
Il microfono lo danno al più giovane.
Il Maestro: «E allora? Com’erano?».
E quello: «Buonissimi! Incredibili... spettacolari... grazie... grazie... che fortuna che ho avuto!».
Il Maestro saluta e scende dal palco.
Sale il rettore dell’università Nicolò Cusano, Fabio Fortuna, dice due cose, poi scende pure lui e il presentatore annuncia che c’è la pausa-pranzo.
Mille e trecento persone lasciano la tribuna ed entrano nella pancia dell’Olimpico. Il biglietto per gli studenti delle scuole alberghiere costava 35 euro, gli altri hanno pagato tra i 77 e i 97 euro: e tutti hanno diritto a lanciarsi su un buffet fantozziano, una bolgia, un mischione da dove i più fortunati escono con un trancio di pizza al pomodoro.
Lassù, però, ci sono tavoli apparecchiati.
A chi sono destinati?
Ai vip. Gente che per stare in prima fila e mangiare seduta a un tavolo ha pagato 247 euro.
Vabbé. Però chissà cosa avrà preparato di buono il Maestro...
«Nulla! Scherza? Il Maestro ha solo supervisionato il menù...».