la Repubblica, 20 aprile 2016
Servillo, il frate certosino che punisce i potenti della terra con il silenzio. Succede nell’ultimo film di Andò
Un fantasma color crema si aggira per i corridoi dello stesso colore di un albergo lussuoso che pare deserto e minaccioso, e subito si pensa a una nuova versione di Shining, forse più horror. Poi il fantasma si rivela essere un frate chiuso nella tonaca del più severo ordine monacale, quello dei certosini, non più di 300 al mondo, dediti alla povertà, alla preghiera, alla solitudine e soprattutto al silenzio: il viso è quello implacabile di Toni Servillo, qui al massimo della sua Servillità punitiva. Il luogo è un meraviglioso eppure un po’ sinistro grand hotel ad Heiligendamm, in Germania, affacciato sul Mar Baltico (se qualcuno ne rimanesse incantato, 2 notti 345 euro a persona), dove nel giugno del 2007 si tenne un G8 assediato dalle proteste anticapitaliste. Roberto Andò vi insedia un vertice dei ministri dell’economia dei Paesi che decidono le sorti del mondo intero, nel suo nuovo film, Le confessioni: l’incontro viene sconvolto nel suo crudele e illimitato potere da un invitato incongruo, padre Roberto Salus, che porta con sé l’insostenibile fastidiosa certezza del Bene che vince il Male, la sua povertà assoluta tra i padroni della ricchezza, una valigetta nera con i suoi tesori, tutto ciò di cui ha bisogno, un crocefisso, una candela che accende per pregare in ginocchio, un antico librone e qualche noce, la sua sola alimentazione tra persone che pasteggiano a champagne.
Lo ha invitato Daniel Roché, il presidente del Fondo Monetario Internazionale (Daniel Auteuil), una Christine Lagarde maschio e spietato, assieme a due altri personaggi; una rockstar a capo di generose Ong (Johan Heldenbergh), tipo Bono, una scrittrice per l’infanzia tipo la Rowling, in colpa per la sua ricchezza (Connie Nielsen), che ha molto a cuore la povertà («Nel mondo i disoccupati sono 200 milioni»). Le due celebrità sono state chiamate per mascherare l’imperio distruttivo delle decisioni che saranno prese dai ministri, Salus invece perché il massimamente cinico Roché ha deciso di confessarsi, e come in tutto, ha scelto anche per questo il meglio, avendo letto i libri illuminanti del frate.
La confessione dura tutta la notte e noi la sentiremo a tratti, dentro una storia che diventa sempre più thriller, tra sbattere di porte, ombre nei corridoi, ministri che complottano: americano, tedesco, inglese, francese, giapponese, russo, italiano (Pierfrancesco Favino) e canadese, la sola donna, che è la sexy Marie-Josée Croze («La mia regola è una botta e via») che nella notte esercita la sua filosofia col ministro tedesco. La mattina dopo si scopre che Roché è morto, soffocato da un sacchetto di plastica: si è ucciso o è stato ucciso? Il sospetto cade su Salus, come possibile irragionevole assassino, ma ancora di più come probabile depositario di una confessione che abbia rivelato la sconvolgente decisione, rovinosa per i paesi poveri, che doveva essere approvata quella tragica mattina.
L’impassibile e ironico Salus tace, accetta di essere schedato dalla polizia, ascolta il canto degli uccelli, resiste all’incalzante interrogatorio dei ministri, disegna formule (prima di entrare in convento era un matematico), ricopia il disegno di due uccelli contenuto nel libro per bambini che la scrittrice gli ha regalato: formula e disegni che spingono i grandi della finanza a immaginare significati pericolosi per loro e per i signori della politica loro complici. Alla fine non sapranno cosa sia successo al più potente di loro, noi sì.
Nel bel libro edito da Skira che contiene la sceneggiatura di Andò e Angelo Pasquini, il regista spiega il suo punto di vista sull’economia attuale, «che si configura ormai, più come una teologia che come una scienza. A maggior ragione ora, dopo che l’economia è stata costretta dalla crisi a rivedere i propri parametri dottrinari, con l’incrinarsi del proprio ruolo oracolare e la serie di clamorosi fallimenti registrati negli ultimi anni».
Giallo economico-morale, con immagini stupende e bravi attori, pare risentire delle parole di pietà e rimprovero di papa Francesco: come lo stesso Salus, con il suo amore per il canto degli uccelli, l’ascendente su un cattivissimo cane e le sue rare parole, potrebbe essere la magica rivisitazione di un santo. Le confessioni è un film, forse imperfetto, un po’ sentenzioso, meno riuscito del precedente, Viva la libertà, ma molto interessante, e quindi piacerebbe sapere perché non è stato invitato a Cannes. Verrà dato nei cinema in due versioni, una tutta in italiano, l’altra, se possibile da preferire, in cui i personaggi stranieri parlano inglese o francese, con esaurienti sottotitoli.