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 2016  aprile 19 Martedì calendario

Quei quattro cilindri della Ducati che ora fanno paura ai giapponesi

Sono certamente tanti i motivi che hanno spinto Jorge Lorenzo ad abbandonare la Yamaha per la Ducati: soldi, motivazioni, nuovi stimoli, un rapporto ormai incrinato con i vertici della Casa giapponese, il sogno di compiere un’impresa fallita in passato da Rossi. Ma c’è anche un aspetto tecnico: la Desmosedici, adesso, è una moto competitiva, appetibile anche per un campionissimo come Lorenzo. Senza questa base, Jorge non avrebbe mai accettato una sfida del genere.
REGISTA Sotto questo aspetto, l’ingegnere Gigi Dall’Igna ha vinto la sua sfida: quando a fine 2013 arrivò in Ducati, la MotoGP di Borgo Panigale veniva considerata molto lontana da Honda e Yamaha; adesso, dopo solo due anni, viene giudicata pronta a vincere dei GP e anche il campionato. Una bella differenza: in attesa del primo successo, la firma di Lorenzo è un grande riconoscimento per Dall’Igna e il suo staff.
GP14.2 Nel 2013, piloti Andrea Dovizioso e Nicky Hayden, la Ducati aveva raccolto un 4o posto come miglior risultato, ottenuto in circostanze particolari a Le Mans: la GP13 sembrava efficace solo sull’acqua. Quando Dall’Igna arrivò a Borgo Panigale, la GP14 era già stata progettata e costruita, ma durante la stagione ebbe un’evoluzione oltre ogni aspettativa, arrivando a essere quasi competitiva nella versione 14.2: Dovizioso chiuse il 2014 in quinta posizione con due podi all’attivo, tante buone gare e ottime prestazioni in prova. «È cambiato soprattutto il metodo di lavoro: adesso, ogni volta che andiamo in pista, facciamo sempre le mosse giuste», rispondeva Andrea a chi gli chiedeva spiegazioni su prestazioni che, sotto certi aspetti, sembravano miracolose.
REGOLAMENTO L’apporto di Dovizioso è stato fondamentale per lo sviluppo, così come le concessioni regolamentari del 2015: mentre Honda e Yamaha avevamo i motori congelati all’inizio della stagione, in Ducati hanno potuto lavorare (quasi) liberamente sullo sviluppo, con benefici evidenti. La GP15, la prima vera Desmosedici progettata dall’ingegnere Dall’Igna, ha rappresentato un punto di svolta soprattutto a livello telaistico: anche in questo caso, non ci sono stati rivoluzioni, ma una razionalizzazione generale del progetto, con un attento studio di ogni componente. Ecco quindi, che una moto che, a detta dei piloti, «non curvava» è diventata una MotoGP veloce e competitiva, con un motore potentissimo, il più accreditato della categoria. Fino all’anno scorso, si pensava che la velocità in rettilineo della GP15 fosse dovuta ai due litri in più di benzina che la Ducati aveva rispetto alle rivali giapponesi, ma nel 2016 si è visto che non è così: con il medesimo carburante di Honda e Yamaha, la Ducati continua a sverniciare tutti in velocità massima.
DESMOSEDICIGP La versione 2016 sembra avere pochissimi punti deboli. È forte in staccata, è efficace a centro curva, accelera forte, è gestibile, con qualche limite solo nei cambi di direzione più rapidi. Merito di un’ulteriore affinamento della ciclistica, di uno studio aerodinamico avanzatissimo iniziato nel 2014 e che adesso è un vero e proprio punto di riferimento: tutti stanno cercando di copiare quanto fatto a Borgo Panigale. E il quattro cilindri è addirittura oggetto di invidia. «Non so come facciano ad andare così forte», ha detto più volte Shuhei Nakamoto, numero due esecutivo della HRC. Non ci può essere riconoscimento migliore per la tecnologia italo-tedesca.