MilanoFinanza, 19 aprile 2016
Il dopo-Draghi è già iniziato
Il 2019 è dietro l’angolo. Almeno secondo la Csu, il partito bavarese gemello della Cdu di Angela Merkel. In quell’anno scadrà il mandato di Mario Draghi alla presidenza Bce. E già è partita la corsa alla successione. Il numero due del gruppo parlamentare della Csu al Bundestag, Hans-Peter Friedrich, ieri ha dichiarato al quotidiano popolare Bild che nel 2019 la guida della banca centrale dovrà passare a «un tedesco, che si senta fedele alla tradizione della Bundesbank di stabilità valutaria».
Il solito teatrino della politica, dirà qualcuno.
Ma la presa di posizione di Friedrich arriva dopo le pesantissime affermazioni del ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, secondo il quale Draghi con il Qe e la politica dei tassi sui depositi sotto zero avrebbe favorito l’ascesa del partito anti-euro Alternativa per la Germania (AdF ) alle ultime elezioni regionali. Un attacco talmente duro e diretto che perfino il presidente della Bundesbank Jens Weidmann si era sentito in dovere di riaffermare l’indipendenza della Bce. Ma le acque non si sono calmate. «Non possiamo permetterci di avere un altro Draghi; in futuro ci serve un esperto finanziario tedesco al timone della Bce», ha dichiarato sempre alla Bild un altro parlamentare della Csu, Hans-Peter Uhl, nel cui mirino c’è soprattutto la decisione dell’istituto di Francoforte di portare in territorio negativo i tassi sui depositi. Tale misura era stata fortemente avversata dalle Sparkasse, le casse di risparmio tedesche, che offrono ai correntisti rendimenti piuttosto redditizi ma che ora potrebbero vedersi costrette a trasferire su di loro i tassi negativi. Di conseguenza i risparmiatori, trovando sempre meno conveniente depositare il denaro in banca, si stanno già sempre più spostando sugli investimenti immobiliari. Il risultato è stato un aumento dei prezzi delle case che va a colpire un altro pilastro del modello tedesco: mantenere l’inflazione bassa per poter contenere il costo del lavoro.
A preoccupare un po’ tutti in Germania è poi il fatto che il Qe ha portato sotto zero i rendimenti della maggior parte delle emissioni di titoli di Stato, cosa che alla lunga mette a rischio il sistema pensionistico (vale la pena ricordare che lo stesso succede per le pensioni degli italiani). Anche perché questa situazione rischia di durare ancora a lungo. Le ultime stime della Bce danno l’inflazione nel 2018 all’1,6%, quindi ancora lontana dall’obiettivo di un livello di poco inferiore al 2%. È quindi molto probabile che il Qe duri per altri due anni. E non è affatto escluso che sia ancora in atto alla scadenza del mandato di Draghi, nell’ottobre 2019. Con conseguenze pesanti sui sistemi pensionistici e sul settore assicurativo. Figuriamoci che cosa potrebbe succedere se dopo le elezioni politiche dell’anno prossimo AfD entrasse nella coalizione di governo tedesca.
Facile immaginare che nel 2019 la Germania farà di tutto per avere un tedesco alla guida della Bce. Il candidato naturale sarebbe Weidmann, ma qualsiasi tedesco andrebbe bene per smantellare il Qe e aumentare i tassi d’interesse. Le conseguenze sull’Italia sarebbero devastanti. Grazie agli acquisti di titoli di Stato da parte dell’Eurotower anche le emissioni del Tesoro italiano hanno rendimenti negativi o bassissimi. Ma l’Fmi stima che nel 2019 il rapporto debito pubblico-pil sarà al 121,7%, sempre che vengano confermate le stime di crescita del pil, che negli ultimi anni si sono sempre rivelate un po’ ottimistiche. E comunque nel 2011, l’anno dell’esplosione dello spread, il rapporto era al 120,7%. Nel 2019 quindi l’Italia rischierebbe di trovarsi nelle stesse condizioni di allora. Draghi uscirebbe di scena a ottobre. Il mese successivo Weidmann metterebbe fine al Qe e così lo spread dell’Italia risalirebbe alle stelle. Certo, da qui al 2019 può succedere di tutto. E allora ecco le previsioni per giovedì prossimo, quando ci sarà la riunione di politica monetario del consiglio direttivo della Bce. Secondo gli strategist di Ig, «dopo le manovre monstre di marzo ormai da Francoforte il mercato non si aspetta alcuna decisione di rilievo almeno per un po’», ma Draghi «dovrà essere bravo a convincere gli investitori che le munizioni in mano a Francoforte sono ancora molte». Alberto Biolzi, responsabile advisory di Cassa Lombarda, ha sottolineato che il mercato si attende che «venga confermato un tono particolarmente accomodante e che sia ribadita la volontà di introdurre ulteriori misure, qualora necessarie».