Libero, 19 aprile 2016
Chi viene dopo la Rousseff se tutti i papabili alla successione sono inquisiti?
Dopo tre giorni di dibattito, sono stati 367 i deputati della Camera brasiliana che hanno deciso di rinviare a giudizio presso il Senato il presidente Dilma Rousseff. Contro l’impeachment hanno votato in 137, mentre altri sette si sono astenuti. Adesso, il Senato avrà 10 giorni di tempo per formare la Commissione che dovrà decidere se andare avanti in seduta plenaria. Ma è una decisione che appare scontata, visto che basterà la maggioranza semplice. E già a quel punto Dilma sarà sospesa dall’incarico. Dopo di che, il Senato avrà 180 giorni di tempo per istruire il processo e arrivare al giudizio. Se quel tempo passerà senza che il detto giudizio ci sia stato, o se al momento del voto i favorevoli all’impeachment saranno meno dei due terzi degli 81 senatori, Dilma sarà reintegrata. Se no, sarà rimossa definitivamente, e anche inabilitata a ogni carica pubblica per gli otto anni a seguire. Quasi certamente non sarà lei a gestire il Paese durante le Olimpiadi.
Al posto suo andrebbe Michel Temer: il vicepresidente che dopo essere stato eletto con lei le si è rivolto contro. Temer è però a sua volta sospettato di aver fatto transazioni illegali di etanolo, ed anche di finanziamento illegale della campagna elettorale: accusa che condivide con Dilma, dal momento che quella campagna elettorale l’hanno fatta assieme. Per questo, dicono, ha preferito che la presidentessa venisse rinviata a giudizio per un’altra accusa: le “pedalate fiscali”, uno schema in cui per aggirare gli stringenti limiti di deficit imposti dalla Legge di Responsabilità Fiscale del 2000 aveva trattenuto per un po’ i soldi di un programma sociale, facendoseli anticipare dalle banche. Cioè, un prestito al Tesoro senza la prescritta autorizzazione del Congresso. Dunque, Temer rischia di saltare anche lui. E chi diventerebbe presidente a quel punto? Il presidente della Camera Eduardo Cunha, a sua volta un ex-alleato che però autorizzando l’inizio del procedimento ha messo Dilma nei guai. Cunha però è stato già citato in giudizio dalla Corte Suprema, con l’accusa di aver ricevuto nello schema dello scandalo Petrobras 5 milioni di euro che poi avrebbe depositato in Svizzera. E se salta anche lui, chi diventa allora presidente? Il presidente del Senato Renan Calheiros. Vi viene il dubbio che sia a rischio anche lui? Indovinato! Evasione di imposte e ricezioni di fondi mensili da un lobbista, che avrebbe usato per mantenere una ex-amante che gli aveva dato una figlia. Le dimensioni dell’articolo sono limitate, e dunque non possiamo continuare ulteriormente in questa scaletta di successione che è anche una scaletta di corruzione. Basta semplicemente ricordare che hanno avuto o hanno imputazioni di qualche tipo almeno 298 dei 513 deputati e 48 degli 81 senatori. Così come accadde in Italia per Craxi, Lula e Dilma sono due comodissime vittime sacrificali attraverso le quali un sistema politico corrotto fino al midollo cerca di salvare se stesso. Moralismo a parte, però, l’importante dato politico è il crescente isolamento del Partito dei Lavoratori (Pt). Leader sindacale con un’immagine di radicalismo inquietante, Lula per diventare presidente si era preso come vice un industriale tessile liberale e aveva intessuto una importante strategia di alleanze non solo a sinistra, ma anche e soprattutto al centro e perfino a destra. Così aveva rassicurato gli elettori moderati e anche ambienti economici internazionali, e così era riuscito a governare, Durante i suoi due mandati, anche con un buon successo. Ma in questa strategia di alleanze avevano contribuito a egual titolo il suo carisma, il boom economico dei suoi governi e, ora si sa, anche le “elargizioni” poi venute alla luce con lo scandalo Mensalão. Ma Dilma questo carisma non ce l’ha, il modello di sviluppo non funziona più ed ha lasciato posto a una recessione che inferocisce i brasiliani, e con gli scandali “ungere” deputati e senatori è diventato più difficile. Anche se per avventura Dilma riuscisse a restare al potere, ormai non ha più una maggioranza per governare. D’altra parte, per difenderla si sono riattivati movimenti sociali e di base che il Lula di governo aveva emarginato e anche scontentato, e che ora per fare pressione sul Senato annunciano una strategia di manifestazioni, scioperi e occupazioni di terre. Insomma, come risposta il Pt si sta radicalizzando, in un contesto dove anche i “girotondini” fan del giudice Moro e della Mani Pulite brasiliana si stanno radicalizzando nell’altro senso.