Corriere della Sera, 19 aprile 2016
E Lorenzo se ne va alla Ducati, per fare meglio di Valentino
Daniele Sparisci per il Corriere della Sera
«Convincerlo non è stato difficile». Parola di Paolo Ciabatti, direttore sportivo della Ducati. Perché Jorge Lorenzo di motivi per cambiare casacca ne aveva molti.
I 24 milioni di euro in due anni per uno dei contratti più ricchi della MotoGp, l’aria irrespirabile in Yamaha, la corte serrata del suo vecchio guru Gigi Dall’Igna (con lui si è preso due titoli in 250 in Aprilia) oggi a capo del reparto corse di Borgo Panigale. La voglia di unirsi alla «rifondazione rossa» perché lui sì «ha le palle» per domare una Ducati ed è convinto di riuscire là dove Valentino Rossi ha fallito. Vincere è la sua missione senza ritorno, cancellare le ombre del «biscotto», i veleni di Valencia che hanno offuscato l’immagine di un talento purissimo: tre Mondiali nella classe regina, 41 Gp conquistati, 99 podi e 36 pole position in 141 gare con la Yamaha.
Il divorzio arriva quando mancano quindici gare alla fine del campionato, ma in realtà con i giapponesi conviveva da separato in casa da molto, troppo tempo. Un rapporto logorato dalle faide interne e giunto al capolinea quando il team serve a Valentino il rinnovo per altri due anni. Non solo: con il Dottore viene avviata una collaborazione per promuovere i giovani piloti della sua academy. La scelta è netta, il sentiero per il ventottenne maiorchino è obbligato: cedere alle tentazioni sulla via Emilia (c’erano stati approcci anche nel 2009), dove nel frattempo trattavano pure con Marquez. Di sicuro la Ducati che troverà sarà molto diversa da quella dell’era Rossi, archiviata con zero vittorie.
Allora non c’erano i tedeschi, oggi l’azienda in mano ad Audi cresce a ritmi del 20% l’anno. Pur avendo mantenuto inalterato il suo Dna italiano, è perfettamente integrata nel gruppo Volkswagen. E questo significa poter contare su budget importanti, condividere ricerca e sviluppo – il travaso di tecnologia fra auto e moto è continuo e riguarda pure soluzioni per i motori – ed essere in grado di sfidare i colossi delle due ruote «made in Japan». Comunque andrà, in Ducati sono certi che la Desmosedici Gp sia già competitiva per lottare al vertice. Non ha avuto dubbi Casey Stoner appena l’ha provata. E se lo dice il «canguro mannaro» del Mondiale 2007 (l’ultimo con la tuta rossa e bianca a salire sul gradino più alto del podio tre anni dopo in Australia), richiamato nell’ingombrante ruolo di collaudatore, c’è da credergli. Nel domino innescato da Jorge, di Andrea ne resterà uno solo. Iannone o Dovizioso? L’età farebbe propendere per il primo, l’esperienza per l’altro. «È una decisione sgradevole – spiega a Sky Ciabatti —: sono due ragazzi eccezionali, ci prenderemo un po’ di tempo per valutare». Per il campione del mondo pare sia indifferente, forse gli basta non dover condividere più telemetria e dati con Valentino. Che quasi certamente avrà a fianco Maverick Viñales, stella emergente della Suzuki, 16 anni più giovane di lui.
Domenica si torna in pista a Jerez, prima tappa europea e crocevia fondamentale di un campionato distratto dagli annunci di mercato. Chissà che duelli fra i tre tenori Jorge, Marc e Vale su tre moto diverse. Il conto alla rovescia per il 2017 è già partito.
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Giorgio Terruzzi per il Corriere della Sera
Ambizione e una famelica inquietudine. Questo, oltre a una somma rilevante di denaro, porta Jorge Lorenzo alla Ducati. L’idea di allargare la propria poltrona sulla ribalta della storia motociclistica grazie a un titolo mondiale vinto con una moto non più giapponese ma italiana, un simbolo, un mondo a parte. La moto che ha segnato l’unica vera sconfitta professionale di Rossi. Dunque, un sogno speculare a quello che trasportò Valentino nel 2011 dalla Yamaha alla Desmo di Borgo Panigale, allontanandosi da Lorenzo, così come Lorenzo si allontana da Vale ora. Un muro a dividerli nel box in quella prima, difficile, convivenza; un gelo senza parole a dividerli ora. Con lo spettro di Stoner sempre in circolo. Un fantasma che diede fastidi costanti a Rossi, che Lorenzo ha intenzione di dissolvere in via definitiva. La sfida contiene un implicito rispetto proprio per la tenuta agonistica di Rossi e comporta smarcarsi da Marquez, battuto – anche grazie a Marquez – nel 2015, incombente ora. Così, tre uomini, tre moto diverse per mantenere in pista un confronto umano ferocissimo. Ben più potente di ogni motore.