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 2016  aprile 19 Martedì calendario

Fare a meno del rating si può. E l’Unipol dà il ben servito a Standard & Poor’s

Ma i rating servono ancora per valutare il rischio di un bond? Il gruppo Unipol ha deciso che può fare a meno dei «giudizi» dell’agenzia americana Standard and Poor’s (S&P), non condividendo «l’acritico e rigido utilizzo di modelli valutativi» e «l’applicazione meccanica di alcuni criteri metodologici come la limitazione del rating al livello del rating sovrano». Perciò, su richiesta del gruppo guidato da Carlo Cimbri, ieri l’agenzia Usa ha ritirato i suoi rating, dopo averli confermati, sia sulla capogruppo che sulle sue controllate, inclusa UnipolSai, seconda assicurazione italiana, quotata in Piazza Affari e valutata BBB-,come il debito pubblico italiano.
Lo scorso febbraio anche le Assicurazioni Generali avevano «licenziato» S&P e abbandonato i suoi «voti», in disaccordo con «l’inflessibilità» dei criteri adottati dall’agenzia nel tener conto del significativo miglioramento della solidità finanziaria della compagnia negli ultimi due anni.
Nel mirino finisce ancora una volta il cosiddetto «sovereign cap», il limite oltre il quale S&P non può alzare il suo voto sulle società con un’esposizione rilevante verso un Paese. Nel caso di Unipol S&P stima un’esposizione – includendo titoli di Stato, corporate bond, prestiti, azioni e immobili – superiore all’80% degli investimenti, tanto che in caso di crisi, l’impatto sarebbe molto negativo (la compagnia non supera lo stress test dell’agenzia). Nel caso del Leone con un’esposizione degli investimenti verso l’Italia pari al 27%, S&P poneva il merito di credito di Generali due scalini sopra il giudizio sul nostro Paese. Non oltre. Ma non abbastanza, secondo Trieste, per riconoscere il turnaround della compagnia.
La polemica riguarda (almeno per ora) solo S&P, e Unipol continuerà a ricevere i rating di Fitch, Moody’s, Am Best e Dagong Europe. Ma per Standard & Poor’s la nuova rinuncia ai suoi giudizi è un altro schiaffo in un Paese dove è imputata nel processo in corso a Trani con l’accusa di manipolazione del mercato, per il doppio downgrade sul merito di credito dell’Italia nel momento più acuto della crisi finanziaria. E dove è incappata nello scandalo Parmalat e nel lungo contenzioso, avviato nel 2005 dall’allora commissario straordinario, per i rating emessi prima la bancarotta del gruppo, risolto lo scorso luglio con il pagamento di 14,5 milioni di euro a favore di Parmalat, senza ammissione di responsabilità.