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 2016  aprile 19 Martedì calendario

La strategia migliore per smettere di fumare è quella del taglio netto. Per chi non riesce ci sono farmaci e consulenti

C’è chi dice: ora basta. E chi invece preferisce l’approccio graduale, un passo alla volta. Visto che smettere di fumare è spesso faticoso, libri e consigli sul metodo da seguire non mancano. Una ricerca dell’università di Oxford ha provato a stabilire con i numeri qual è la strategia più valida. E il taglio netto è risultato il metodo più efficace. Su un campione di 700 fumatori, equamente suddivisi fra il “basta per sempre” e il “meglio un passettino al giorno”, il primo gruppo dopo un mese di sforzi ha smesso nel 49% dei casi, mentre il secondo nel 39,2%. Anche a sei mesi di distanza la prima strategia è risultata più efficace rispetto alla seconda: 22% di successi rispetto al 15,5%.
I dati inglesi sono stati pubblicati su Annals of Internal Medicine. Tutti i fumatori dell’esperimento (che consumavano una media di un pacchetto al giorno) sono stati aiutati a mitigare l’astinenza con farmaci a base di nicotina: cerotti, gomme, caramelle, ecc. Per essere certi che avessero smesso davvero, i medici hanno misurato il livello di monossido di carbonio nel loro respiro. Il taglio netto è il consiglio dato oggi dalla maggior parte dei centri antifumo nel mondo. Uno studio della Collaborazione Cochrane nel 2012 aveva però messo in dubbio questa strategia. Tra la cessazione immediata e quella graduale, aveva osservato, esiste un sostanziale pareggio. E quando si va a chiedere ai fumatori quale pensano che sia la scelta migliore, la maggior parte preferisce una riduzione graduale. Anche ai volontari di Oxford, prima di iniziare, era stata posta questa domanda. Il 51% avrebbe scelto la riduzione progressiva, il 32% si era detto disposto anche a dire “basta mai più”, per il 17% entrambe le strade erano equivalenti. Chi poi era stato assegnato al gruppo della riduzione progressiva doveva impegnarsi a tagliare il numero di sigarette giornaliere del 75% in due settimane. Un obiettivo impegnativo anche con l’aiuto di caramelle, gomme e inalatori alla nicotina.
Al centro antifumo dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, in realtà, non esiste una strategia preferita. «Il nostro compito – spiega il responsabile, lo pneumologo Roberto Boffi – è danzare insieme al fumatore per aiutarlo a smettere. Dobbiamo assecondare le sue necessità, non forzarlo. Soprattutto quando si sceglie di usare un medicinale contro il fumo diverso dalla semplice terapia sostitutiva nicotinica, è più la farmacodinamica del principio attivo che non la volontà del fumatore a dettare i tempi. «Il bupropione ad esempio – spiega Boffi – è un farmaco della classe degli antidepressivi. Se ne deve assumere una compressa al giorno per una settimana, e solo all’ottavo giorno si smette di fumare, andando avanti con due compresse per altre sette settimane». La vareniclina, un altro medicinale disponibile in compresse usato per liberarsi dalle sigarette, agisce cercando di combattere la dipendenza direttamente a livello cerebrale. «Segue un po’ i principi del vaccino» spiega Boffi. Va ad occupare i recettori nel cervello che si legano alla nicotina. La quale, trovando “tutte le sedie già occupate”, vede gradualmente svanire i suoi effetti. «Occorrono da 8 a 14 giorni prima che i recettori si saturino e la cura diventi pienamente efficace. A quel punto si deve smettere di fumare e si va avanti per tre mesi con il farmaco in funzione di mantenimento», aggiunge l’esperto.
Oltre alle due alternative esplorate a Oxford, per smettere di fumare esistono dunque altre strade, ognuna con i suoi “tempi tecnici”. Eppure l’85% delle persone che riesce ad abbandonare il vizio lo fa ancora da solo. Appena il 2% in Italia è stato aiutato da un centro antifumo. «Dovremmo fare di più, aumentando le strutture e riducendo i costi a carico dei fumatori. In Gran Bretagna sia i centri che i farmaci per la disassuefazione da fumo sono gratuiti. Da noi per i primi bisogna prevedere circa 100 euro per le visite previste in un anno, e altri 2-300 euro per i secondi. Ecco perché qui i fumatori sono quasi il doppio degli ex fumatori, mentre nel Regno Unito questa proporzione è capovolta», conclude Boffi.
Mentre in Italia è entrata in vigore a febbraio la nuova normativa che vieta il fumo in auto, elimina i pacchetti da 10 e allarga le immagini choc, la dimostrazione “a contrario” che le politiche antifumo serie funzionano arriva dalla Cina, dove oggi un fumatore medio consuma 22 sigarette al giorno: il doppio rispetto al 1980.