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 2016  aprile 19 Martedì calendario

Sequestrato il villino dove Maria Angiolillo organizzava le cene cafonal della Prima e della Seconda Repubblica

Più spesso di quanto si creda la magnificenza di un tempo si rovescia in miseria arraffona, e i luoghi ambitissimi del potere e del prestigio finiscono nella fauci della cronaca nera.
Giunge così da Campobasso la notizia che il locale nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza ha notificato al figlio di Maria Angiolillo, Marco Oreste Bianchi Milella, un accertamento per presunta evasione fiscale di circa sei milioni di euro, più interessi e sanzioni. La contestazione fiscale si aggiunge ed è anche legata a una vicenda giudiziaria che vede il Bianchi Milella imputato per la presunta appropriazione indebita di alcuni gioielli, fra i quali spicca un «brilloccone» di color rosa noto come «Princie Diamond», rispuntato fuori qualche anno dopo la morte della Angiolillo a un asta di Christie’s e acquistato per 40 milioni dal classico emiro del Qatar, di cui i figli ed eredi di primo letto del fondatore del Tempo rivendicano la proprietà.
È una storia davvero molto intricata e a suo modo rivelatrice di quel che può nascondersi sotto le più scintillanti apparenze. Intanto le Fiamme Gialle hanno chiesto il sequestro del “Villino Giulia”, magnifico edificio settecentesco ai piedi di Trinità dei Monti, secondo leggenda scelto da Gabriele d’Annunzio come abitazione di Andrea Sperelli, il protagonista de Il Piacere.
A partire dagli anni 60 del secolo scorso, prima con il marito Renato e poi da sola – ma con l’assistenza di varie figure ed entità che dalla controversa Rizzoli di Tassan Din attraverso diplomatici, industriali farmaceutici e cardinali arrivano a Gianni Letta – l’ambiziosa vedova Maria insediò fra queste mura il più celebrato salotto della Prima e della Seconda Repubblica. Un santuario del potere o forse meglio, una sorta di camera di compensazione entro cui avevano luogo incontri in forma di pranzi e cene; e dove fra menu in francese e camerieri in livrea il ceto dei potentoni di questo paese, spesso perdutamente provinciali e di estrazione piccolo borghese, assaporavano soddisfatti le atmosfere esclusive di una inesistente aristocrazia, favorendosi a vicenda affari e carriere e rispecchiandosi in trame, ricami e orlature, come pure in mediazioni, combinazioni e compensazioni.
Su tutto ciò si trova vasta, romanzesca, civettuola e ammirata aneddotica nel recente La signora dei segreti di Candida Morvillo e Bruno Vespa (Rizzoli, 2015) opus magnum che in 480 pagine ispira al tempo stesso sghignazzi e desolazione. Per cui una sera Berlusconi aggiustò l’impianto della luce, Prodi sbagliò giorno, Bossi, che non se ne andava mai, finì innaffiato tra i «profumi prorompenti» del giardino; mentre i giovani leoni del post-comunismo, smaniosi di ascendere con le loro signore alla Rampa Mignanelli sotto i flash dei «Cafonal» di Dagospia, ebbero anche loro modo non solo di assaggiare lo storione affumicato tra le «porcellane preziose» e i «cristalli d’epoca», ma anche di ricevere – non è chiaro se a tavola – la benedizione del cardinal Casaroli, sollecitata dall’avvocato Consolo, di An.
La festa si concluse con la scomparsa di Maria. Si pensò a una fondazione, a una giornata e a una borsa di studio. Invece cominciarono i guai, e ancora continuano.