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 2016  aprile 16 Sabato calendario

Aristide Malnati, appena tornato dall’Isola dei Famosi, è stato picchiato per strada. Da un musulmano, dice lui

Poco ci manca che Libero abbia il suo primo martire del fondamentalismo islamico. Ieri mattina Aristide Malnati, collaboratore di questo quotidiano, appena tornato dall’avventura all’Isola dei Famosi, scende di casa per andare in edicola a comprare i giornali. Sono appena le 7.30 quando entra in un bar in corso Como, a Milano, e ordina un caffè. Mentre se lo sorseggia immerso nella lettura, entra un uomo che inaspettatamente gli si rivolge in arabo. Forse lo ha riconosciuto per la sua partecipazione al reality in onda su Canale 5. Per nulla sussiegoso. Aristide, soprannominato Mummy perché è un archeologo specializzato nell’antico Egitto, gli risponde nella stessa lingua e si presenta gentilmente, come è nel suo stile mite. L’immigrato, che afferma di essere un marocchino in Italia da cinque anni, vorrebbe continuare la conversazione magari fumando insieme un po’ di marijuana. Malnati rifiuta l’offerta e, all’improvviso, si scatena l’odio verso l’occidentale che studia le civiltà pre-islamiche. L’uomo, di corporatura robusta, tira in ballo la superiorità del Corano mentre lo studioso rispetta tutte le religioni ma si professa agnostico. Tanto basta per essere considerato un miscredente.
Come se, invece che nelle vicinanze dell’elegante Brera, fossero nei territori controllati dall’Isis o nel sobborgo di Molenbeek, viene apostrofato così: «Sei un infedele, all’isola sei andato contro il Corano. I faraoni sono il frutto del demonio», gli grida prima di sferrargli due cazzotti sul viso. Aristide cade a terra e, quando si rialza sanguinante, tenta di pulirsi con la carta del giornale, ma poi capisce che la ferita va curata in ospedale al più presto. I pochi presenti nel bar si avvicinano ma non fermano l’aggressore il quale, nel frattempo, è riuscito a fuggire. Alla vittima non resta che andare al pronto soccorso più vicino, il Fatebenefratelli, dove i sanitari gli danno due punti di sutura sul labbro, lo sottopongono a una Tac e gli mettono un collarino da portare per cinque giorni.
Ora il percorso dell’energumeno potrebbe essere facilmente rintracciato dalle numerose telecamere presenti nel quartiere della movida. La denuncia, benché contro ignoti, è stata presentata e sono scattate le ricerche. Si potrebbe almeno associare un volto all’episodio di violenza e tentare un’identificazione. Potrebbe trattarsi di uno degli uomini che svolgono il servizio di security per le discoteche della zona. Oppure si potrebbe scoprire che le ronde non le fanno tanto gli xenofobi, quanto una specie di polizia religiosa composta di musulmani, allo scopo di creare isole in cui si fa rispettare rigorosamente la sharia. Ora Aristide, convalescente e ancora dolorante, medita sul fanatismo che alimenta certi tipi di reazioni. Ha vissuto a lungo al Cairo e sa perfettamente che da quelle parti qualcuno ha progettato di bombardare perfino la Sfinge, considerata il simbolo di una religione blasfema. Del resto, dalla distruzione delle rovine di Palmira, è noto che l’obiettivo dei fanatici è radere al suolo ogni testimonianza di ciò che ha preceduto l’avvento dell’Islam. Peraltro, nel mirino ci sono anche tutte le arti figurative, poiché contravvengono al divieto della legge islamica di rappresentare la persona umana. Tuttavia, in Egitto non si era mai sentito in pericolo. È vero che, il 30 aprile 2005, un attentatore suicida si era fatto esplodere vicino al museo egizio della capitale, ma l’episodio non aveva cambiato i ritmi della vita quotidiana. L’insicurezza è un fatto piuttosto recente, come ha dimostrato il caso Regeni. Che l’intolleranza fosse già sbarcata in Italia insieme ai musulmani, è un dato ormai acquisito. Che sia già in grado di imporsi sulla libertà di espressione dei singoli individui, invece, è una novità inquietante. Le labbra cucite di Aristide sono un simbolo e allo stesso tempo un allarme. Nel centro di Milano, a un uomo di cultura non è più nemmeno consentito di circolare liberamente perché sul territorio c’è chi ti punisce se non rispetti i dettami del fondamentalismo islamico. Peggio della maledizione di Tutankhamon.