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 2016  aprile 19 Martedì calendario

Sono tante le promesse disattese da parte dell’Egitto. E non stiamo parlando del caso Regeni

Pomeriggio del 3 febbraio scorso. Nel sontuoso parco del palazzo presidenziale del Cairo il ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, racconta il suo incontro con Al Sisi, tutto promesse d’affari e attestati di fiducia. Poi però, al riparo dalla folla, sussurra: «Ha fatto una strana proposta: che l’Italia metta da parte un fondo da 10 miliardi con cui finanziare le nostre esportazioni. Chissà cos’ha in mente». Non ci sarà il tempo per capirlo perché di lì a poche ore la missione viene interrotta precipitosamente per il drammatico ritrovamento del corpo straziato di Giulio Regeni. E devono rifare le valigie i capi delle sessanta aziende al seguito della Guidi (che poi avrà i suoi guai di altra natura).
Non solo Eni, Finmeccanica o Edison: l’Egitto sembrava la terra promessa per una moltitudine di piccole e medie imprese: dalla Filmar che fa tessuti e filati a Zocco di Sopra in provincia di Brescia, alla Fratelli Cosulich, azienda familiare di Trieste che dal 1857 gestisce spedizioni marittime. Dalla romana Almaviva in cerca di call-center alla Sices che produce caldaie a Lonate Ceppino a nord di Milano. Tutti erano corsi al Cairo memori delle promesse uscite dal vertice di Sharm el-Sheik del marzo 2015 quando, presente Renzi, Al Sisi aveva annunciato un megapiano di sviluppo da 80-90 miliardi. Nulla da fare per le aziende italiane: qualsiasi progetto comune è congelato (a differenza di quelli con Francia e Germania), tanto che l’interscambio previsto in aumento da 4,5 a 5-6 miliardi nel 2016 invece crollerà.
Ma che il terreno sarebbe stato ben più accidentato del previsto si era capito già da parecchi mesi. L’aveva capito la società di progettazione e servizi ingegneristici D’Appolonia che aveva vinto in consorzio con la coreana Dohwa una gara per la linea 3 della metro del Cairo ma è stata esclusa senza troppi complimenti per far posto a un gruppo francese. L’ha imparato la Salcef, gruppo di costruzioni ferroviarie da 230 milioni di fatturato con 70 anni di storia: per un anno ha lavorato con le autorità egiziane per preparare il rinnovo di 250 chilometri fra Cairo e Assuan solo per sentirsi dire, a gennaio, che i piani sono cambiati e si preferisce far lavorare una compagnia locale. Per non parlare dell’alta velocità: le Fs avevano concordato nella visita di Al Sisi a Roma nel novembre 2014 di dare il via ad un lavoro comune ma nel dicembre 2015 hanno scoperto che un impegno analogo gli egiziani lo avevano preso con i cinesi. E per finire con le ferrovie, la Mermec di Monopoli (Bari), leader nella segnaletica, era a un passo dall’assegnazione di un appalto per l’ispezione delle rotaie, ma si è vista chiudere la porta all’ultimo momento con il pretesto di un vecchio contenzioso dell’Egitto con la Tecnogamma, poi acquisita dalla stessa Mermec. Anche nel turismo e in molti altri settori si respira la delusione: «C’era un forte interesse per le nostre tecnologie agroindustriali», dice Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare. «Era previsto un balzo del l’export, fermo nel 2015 a 49 milioni».
Fin qui i contratti saltati. Ma a questo punto serpeggia presso gli interessati un’inquietudine sul rispetto degli accordi già firmati e sulla regolarità del pagamenti, in tutto oltre 10 miliardi: il rilancio delle raffinerie di Midor e Assiut da parte della Technip (rispettivamente 1,4 e 1,6 miliardi), l’accordo da 218 milioni fra Ansaldo e Egyptian Electricity Holding, l’impegno della Danieli per ammodernare il complesso siderurgico di Helwan, il preaccordo della Beretta per fornire fucili. Gli italiani hanno poi finanziato e realizzato un parco tecnologico per la concia dove dovevano trasferirsi ben 400 aziende egiziane ma non se n’è vista una, identico destino per un distretto dei mobili (tutto pronto con costosi studio di fattibilità e tutto fermo da due anni) e per un nuovo triangolo industriale nella zona del canale a sud del Cairo dove gli italiani avevano fatto investimenti preparandosi a un futuro di attività comuni. Anche qui promesse disattese.