Corriere della Sera, 19 aprile 2016
A Cremona si rifiutano di intitolare una via a Oriana Fallaci. Polemiche
In un Paese in cui basta aver vinto la cuccagna per avere il nome su una via, non si può giustificare la bocciatura di una strada intitolata a Oriana Fallaci con la scusa tartufesca della «figura che divide». Ogni grande uomo o grande donna della storia è stato/a in qualche modo divisivo, schierato, di parte, con amici, nemici, ammiratori e detrattori. Per questo la decisione della Commissione toponomastica del Comune di Cremona, che nei giorni scorsi ha respinto la proposta, è ambigua e offensiva di una memoria che non dev’essere strapazzata per un uso politico di parte. Ambigua e offensiva come lo sono state in passato le motivazioni addotte dai vari consigli comunali che hanno detto «no» ad altri nomi cosiddetti divisivi, da Camilla Cederna a Enzo Biagi, da Luigi Calabresi a Giuseppe Pinelli.
Non c’è nessun obbligo per Cremona di avere una via, una piazza o un giardino dedicati a Oriana Fallaci. L’interessata, sempre diffidente verso gli elogi imprevisti, non è nemmeno sicuro che gradirebbe. Anzi. Si può giurare che manderebbe al diavolo il sindaco o chi per lui della giunta di centrosinistra, anche in caso di ripensamento. «A brigante, brigante e mezzo», era il suo motto. Coerentemente espresso con chi del potere faceva abuso, come Khomeini e Gheddafi, pagato con il rischio delle pallottole e con qualche cicatrice, come in Messico o Vietnam, vissuto sulla sua pelle per essere andata controcorrente, come con l’integralismo islamico e il politically correct.
Oriana Fallaci non merita banalizzazioni. Come non lo meritavano gli altri personaggi, osteggiati in passato dall’incapacità della politica di sottrarsi alle logiche di parte: se sei stato con me, bene; in caso contrario, niente. Ha fatto così persino Firenze: nessuna strada per Oriana. Eppure era la sua città. I mugugni nella maggioranza che è la stessa del premier, hanno suggerito di lanciare la palla in tribuna per prendere tempo. Con la stessa ambigua motivazione della commissione toponomastica di Cremona. Primo: la Fallaci è una figura che divide. Secondo: non sono ancora passati i dieci anni previsti per l’intitolazione.
Giuseppe Vigliatta, il promotore della petizione di Cremona con 130 firme, non si rassegna. «Mi dicono che Oriana non è del posto e non ci sono vie idonee. Mi sembrano scuse ridicole». L’assessore di Sel, Rosita Viola, risponde: «Stiamo parlando di un nome che ha fatto molto discutere». Il leader della Lega Matteo Salvini va giù pesante: «Ignoranti, non la meritano». Ma ci dev’essere qualcosa di più. Qualche anno fa Vigliatta aveva fatto la stessa richiesta alla giunta di centrodestra. Niente da fare. Fallaci, no grazie. A questo punto, meglio lasciar perdere. Se Oriana Fallaci dopo la rabbia e l’orgoglio e la preveggenza sul fanatismo islamico, è politicamente ingombrante, lo si dica e basta. Per noi era grande, grande, grande, come il titolo di una canzone di Mina, cremonese doc. Fosse un calciatore bisognerebbe ritirare la maglia. Per manifesta assenza di coraggio.