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 2016  aprile 16 Sabato calendario

A Roma torna il simbolo Spqr. L’ultimo schiaffo a Marino

E va bene che una partita di calcio, se giocata di lunedì, ci sfugge di chiamarla monday night, passi pure che a Palazzo Chigi una conferenza stampa non è tale senza un compiaciuto mulinare di slide o che un languorino domenicale ormai si plachi solo proponendo un brunch, ma diciamo la verità: l’idea che, come simbolo ufficiale di Roma, il plurimillenario acronimo Spqr – Senatus populusque romanus – fosse stato sostituito dal logo Rome and you, ai romani, e non solo a loro, non era mai andata giù. E ancora meno quando, poco più di un anno fa, avevano appreso che, per sostituire il marchio consegnato gratis ai posteri dai monumenti e dai testi latini, l’allora giunta Marino aveva pure versato 20mila euro ai creativi.
Ora si torna indietro. L’ha deciso il commissario Tronca: via il nuovo simbolo, dentro il vecchio. Riecco la suggestione collettiva del senato e del popolo al posto dell’asfittico selfie di Roma e te. Scelta saggia, perché nella sua ansia di ipermodernità, in quell’atteggiarsi così social, e marketing- oriented, e
user- friendly (l’hanno detto, l’hanno detto), quel Rome and you pareva invece fatto apposta per scontentare tutti, ma proprio tutti. I romani e i loro connazionali, i millennials e gli analogici, i poliglotti e gli analfabeti di ritorno, e finanche gli americani del Texas, i quali spendendo fino a 50 euro per immortalarsi con i finti gladiatori del Colosseo sembrerebbero più attirati dalla tradizione, persino posticcia, piuttosto che da un logo con la lingua con cui chiedono un frullatore da Walmart. Eppure Marino, sedicente marziano, era convinto di aver sostituito un’anticaglia da banco di Porta Portese con un supergeneratore di like su Facebook e nelle agenzie di viaggio: nessuno dei creativi al suo servizio aveva scelto di barattare i 20mila euro con la possibilità di tornare a casa e non sentirsi come un imbianchino che ha appena stuccato col cemento i buchi del Colosseo, o come uno sceneggiatore che, nel remake di Vacanze romane, ha piazzato una Harley Davidson sotto il sedere di Audrey Hepburn e Gregory Peck.
Per fortuna il vulnus – ora si può tornare a dire così – è sanato, insieme all’equivoco che la valorizzazione del nostro patrimonio culturale passi dal suo travisamento. Nel vecchio Spqr possono tornare a riconoscersi tutti, anche quelli che non hanno mai saputo cosa significa né vogliono saperlo, e quelli che, ben prima di Umberto Bossi, si divertivano a tradurlo in “Sono porci questi romani” o in altri irriferibili modi. Sparito l’inglese, tornata la corona al posto dei palloncini colorati, nello scudo su fondo rosso campeggia di nuovo la scritta originale. E se qualcuno si ostina a chiamarlo brand, affari suoi.