la Repubblica, 16 aprile 2016
Il Venezuela cambia il fuso orario contro la crisi
Nell’infinita agonia del Venezuela di Maduro arriva anche la crisi del “Niño” che sta provocando la siccità in tutta la regione e riduce la capacità di generare energia per la rete elettrica. Da gennaio a marzo in molte zone del Venezuela ci sono stati 8.250 black out e gli esperti parlano di un possibile, e anche imminente, collasso delle centrali termoelettriche che potrebbe lasciare al buio gran parte del Paese. Per evitarlo, Maduro ha annunciato ieri che dal Primo maggio ci sarà un nuovo cambiamento dell’ora nazionale, senza specificare però in cosa consisterà. Probabilmente sposterà di un’altra mezz’ora le lancette dell’orologio. Intanto, fino a martedì prossimo saranno chiusi, per ordine governativo, 5 giorni di seguito, negozi, uffici e aziende. All’inizio di aprile il governo aveva già deciso che la settimana lavorativa nel settore pubblico si sarebbe ridotta a 4 giorni, da lunedì a giovedì, per risparmiare energia. Una misura che però non avrebbe avuto i risultati desiderati, come la decisione, presa a gennaio, di ridurre l’orario di lavoro da quaranta a trentasei ore. «Dobbiamo adattarci affinché il cambiamento climatico abbia meno effetti possibili sulla qualità della vita e la felicità del nostro popolo, stiamo affrontando un fenomeno di siccità che è quasi un disastro ambientale», ha detto il presidente Maduro per giustificare le nuove misure.
L’ora solare del Venezuela venne già modificata rispetto a Greenwich di mezz’ora nel 2007 da Chávez e sempre per risparmiare energia. Già oggi l’ora del Venezuela non coincide con quella di nessun altro Paese della regione caraibica. E rispetto all’Europa è cinque ore e mezza indietro d’estate e sei ore e mezza d’inverno. L’opposizione e il settore privato contestano le scelte di Maduro, accusando il governo di non essere stato in grado di prevedere le conseguenze del fenomeno ciclico del “Niño”. Riduzione dell’attività lavorativa e drammatica crisi energetica, si abbattono su un Paese che attraversa una profonda recessione – quest’anno il Pil decrescerà ancora dell’8% – per il crollo dei prezzi del petrolio, la sua principale e ormai anche unica risorsa. L’opposizione, che nelle ultime elezioni amministrative, ha conquistato il controllo assoluto del nuovo Parlamento, sta raccogliendo le firme per convocare un referendum che destituisca Maduro. Ma anche all’interno del movimento vicino al presidente, quello che si richiama al defunto caudillo Chávez, sono sempre di più i favorevoli ad una sua rinuncia.