Il Sole 24 Ore, 16 aprile 2016
Rcs ha perso 1 miliardo di euro in 5 anni
La crisi ha colpito duro negli ultimi 5 anni l’editoria. Ricavi che scendono, perdite che si cumulano erodendo il capitale. Il caso di Rcs, primo gruppo italiano però è emblematico, una sorta di summa della spirale della crisi: se i ricavi del settore dell’editoria sono scesi di un abbondante 25%, Rcs ha fatto assai peggio. A fine 2010 il primo gruppo italiano fatturava 2,2 miliardi, cinque anni dopo quel fatturato vale solo poco più di un miliardo. Più che dimezzato. La prima perdita è dell’anno prima per 130 miioni. Nel 2010 piccolissimo utile poi la slavina. Rcs accumula dal 2011 al 2015 oltre 1,3 miliardi di perdite, più dell’intero fatturato di fine 2015. Più che la gestione industriale che certo soffre la caduta dei ricavi, ma viene contrastata a colpi di tagli dei costi, è la gestione finanziaria a tradire il colosso italiano. Oltre 700 milioni di quei 1,3 miliardi di perdite complessive sono figlie della costosissima e infelice campagna di Spagna con le acquisizioni strapagate dei principali gruppi editoriali iberici. Tra il 2011 e il 2012 le sole svalutazioni sugli avviamenti dello shopping in terra di Spagna si mangiano ben 700 milioni. Un colpo durissimo tanto da chiamare i soci all’aumento di capitale per 400 milioni chiamato nell’estate del 2013. I soci capitalizzano ma come vedremo non basta. Svalutati gli avviamenti delle attività di Unidad Editorial pagate evidentemente a peso d’oro, la continua caduta dei ricavi, gli interessi sul debito e oneri di ristrutturazione sempre più ingenti, fanno del triennio 2013-2015 un altro triennio di passione: le perdite complessive sono di ben 500 milioni. Un buco tale da bruciare del tutto l’aumento di capitale del 2013. Oggi il patrimonio netto del gruppo è di soli 105 milioni, troppo pochi per fronteggiare un debito finanziario netto 5 volte più grande a quota 486 milioni. E la distruzione patrimoniale è nei numeri. Cinque anni fa il patrimonio consolidato era vicino al miliardo in un rapporto quasi pari con il debito finanziario. Quell’equilibrio si è dissolto nonostante i 400 milioni di equity iniettati nel 2013 in pochi anni. Ovvio che la Borsa non ha fatto altro che fotografare l’involuzione dei conti. In cinque anni Rcs ha lasciato sul campo quasi il 90% del suo valore. Bisogna risalire al 2012 per trovare Rcs con una capitalizzazione di mercato di un miliardo. Altri tempi. Ora è evidente che il tema è di un ritorno rapido alla redditività ma anche di un riequilibrio patrimoniale. Il piano industriale recente indica un margine del Mol sul fatturato al 10%. Un traguardo forse possibile che indica in 100 milioni il Mol a fine 2016 dai 72 milioni del 2015. Ma quello è il margine industriale pre-oneri non ricorrenti. Si scende di molto se si conteggiano le partite straordinarie e soprattutto quegli oneri paiono ormai non più “non ricorrenti” ma quasi strutturali nel bilancio. Il Mol post oneri è a fine 2015 di soli 16 milioni. Il vertice aziendale è fiducioso: proietta stime di un ritorno all’utile a fine 2016 con un rapporto di debito/mol a circa 4 volte. Ci sarà da lavorare: mentre l’area Media Italia vanta già oggi un mol sui ricavi al 10%, le attività spagnole sono ancora in profondo rosso e soprattutto l’area corporate è un pozzo senza fondo. Su ricavi per 75 milioni il mol è in rosso per 30 milioni e la perdita operativa è di quasi 60 milioni. Chiunque vincerà la partita su Rcs è da qui che si dovrà partire nel risanamento.