La Stampa, 17 aprile 2016
Se dare del fascista a Lucio Battisti per sentito dire vale un 4 sul registro di classe
«Ho sentito dire che Lucio Battisti era fascista», chiede una ragazzina tredicenne al suo Prof di educazione musicale. Reazione, un 4 sul registro e una nota di demerito: «Superficiale. Interviene fuori luogo in modo ineducato e provocatorio. Accosta il fascismo ai cantautori degli Anni 60/70». Il padre della fanciulla non ci sta e denuncia l’accaduto, dicendosi «sconcertato» non tanto per il voto quanto per il metodo: «Un’adolescente pone una questione e, invece di creare dibattito, le si dice di stare zitta?».
Il tutto è avvenuto in una media della Valbisagno, a Genova. Difficile saperne di più, perché il docente si rifiuta di commentare. Ma per l’occasione è ripartito tutto il tormentone su Lucio Battisti «fascista», luogo comune radicatissimo fin dagli Anni Settanta. Così si è scomodato a mezzo Ansa perfino Mogol, cioè chi scriveva effettivamente le parole di Battisti (che sui testi interveniva pochissimo): «Lucio non è mai stato interessato alla politica. Ne sono un testimone diretto: con me non ne ha mai parlato. Il punto è che all’epoca, negli Anni Sessanta e Settanta, o andavi in giro con il pugno alzato e cantaviContessa, oppure eri fascista. O qualunquista. Ma io e Lucio eravamo semplicemente disinteressati alla politica e, quando si votava, lo si faceva per il meno peggio».
Polemica chiusa da fonte autorevole, dunque (anche se piacerebbe sapere quale fosse all’epoca, per Battisti, il «meno peggio»). Però è interessante notare che gli anni passano, le ideologie sbiadiscono ma a Battisti resti la fama di destrorso, come la disavventura della ragazzina genovese dimostra.
Curiosamente, il mondo della musica «colta», che è sempre stato più ideologizzato di quello pop, sembra oggi esserlo di meno. Tre grandi teatri italiani hanno appena ripreso altrettante rare opere di compositori che fascisti lo furono davvero, sia pure a livelli molto diversi.
Il Lirico di Cagliari ha riesumato La campana sommersa di Respighi, la ScalaLa cena delle beffe di Giordano, il Regio di Torino La donna serpente di Casella: i primi due, accademici d’Italia e il terzo autore anche di un Deserto tentato, dedicato al duce per celebrare la guerra d’Etiopia.
Bene: sono state avanzate diverse obiezioni sulla qualità musicale e soprattutto teatrale delle tre opere, ma nessuno ha ritirato in ballo il fascismo. E se, finalmente, si facesse lo stesso con Battisti?