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 2016  aprile 17 Domenica calendario

Quell’ossessione per gli equilibri geopolitici che unisce Bismark e la Merkel


Germania «potenza di mezzo» o «potenza di centro»? È uno degli interrogativi che percorre l’ultimo libro di Gian Enrico Rusconi, Egemonia vulnerabile, pubblicato dal Mulino, da oggi in libreria. E che trova, se non una risposta, un’indicazione su dove orientare la riflessione nel sottotitolo: La Germania e la sindrome di Bismarck
No, non c’è un’eredità diretta tra lo Junker che voleva «convincere il mondo che un’egemonia tedesca in Europa agisce in modo più utile, imparziale e meno dannoso per la libertà degli altri di un’egemonia francese, russa o inglese» e la cancelliera Angela Merkel, alla guida di una Germania che si è scoperta improvvisamente vulnerabile per l’assommarsi della crisi dei migranti a quella congiunturale e geopolitica (in particolare con Russia e Turchia). Non c’è perché Merkel appartiene a una tradizione molto lontana da quella dei nobili di campagna conservatori e antiliberali, ed è molto più vicina a Adenauer e Kohl che ai suoi antenati delle regioni orientali. 
Realpolitik
Ma se si sposta il discorso da «quanto Bismarck» c’è oggi nella politica tedesca della cancelliera a «quale Bismarck» – come Rusconi suggerisce – allora le cose cambiano, ed è possibile che da questo confronto nasca uno spunto utile per l’interpretazione dell’attualità europea. Il Bismarck delle alleanze incrociate, della Realpolitik, dell’egemonia basata sugli equilibri strategici, e anche delle mosse a sorpresa che all’epoca suonarono come di stampo populista (una per tutte l’introduzione del suffragio universale) resta come punto di riferimento degli orientamenti fondativi della politica tedesca, con cui tutti, a distanza, hanno dovuto fare i conti, anche per rovesciarne dialetticamente gli esiti.
Rusconi prende in esame a questo proposito le valutazioni che ne hanno fatto, recentemente, alcuni grandi protagonisti della Germania contemporanea, da Wolfgang Schaeuble a Frank Walter Steinmeyer, fino all’ex cancelliere Gerard Schroeder. 
Ricorsi storici
Facendo propria una riflessione del politologo Michael Stuermer ricorda, tra l’altro, che «la storia della diplomazia bismarckiana avrebbe dovuto essere di ammonimento: nel 1870 i russi rimasero zitti quando la Francia fu battuta e da allora attendevano come contropartita i Dardanelli e i Balcani, quando sarebbe stata in gioco l’eredità della Turchia. Questo non accadde al Congresso di Berlino e Bismarck impedì ai russi l’accesso al Mediterraneo orientale. Da allora incominciò la fatale Entente franco-russa. La delusione russa ebbe allora il suo prezzo e anche oggi: la Germania ha guadagnato l’unità, la Russia ha perso l’Ucraina».
È proprio la relazione con la Russia il punto di confronto decisivo tra la politica di Bismarck e quella di Frau Merkel, e se il primo non aveva quella «cultura dell’Occidente» (inteso come sistema valoriale, non geografico) che invece costituisce la forza – e la vulnerabilità – di Frau Merkel, entrambi hanno tentato di applicarvisi estendendo al massimo la pratica politica come «arte del possibile».
L’Ucraina
«Facendo un esercizio mentale audace, ma non assurdo – scrive Rusconi – possiamo chiederci quale calcolo strategico avrebbe fatto il cancelliere tedesco oggi davanti alla crisi russo-ucraina, alla violazione territoriale dell’Ucraina da parte russa con l’annessione della Crimea e di fronte alla minacciata secessione armata delle regioni ucraine orientali. È certo che Bismarck non si sarebbe mai posto il problema della legalità internazionale in termini assoluti di valore o dei diritti civili delle popolazioni, tanto meno della democrazia. Era solo un problema di equilibrio di potere/potenza, nell’ottica del mantenimento della pace». 
Potenza di centro
Inquadrando la possibile risoluzione del conflitto nel formato del Quartetto Normandia, ovvero in una cornice comunitaria, la mediazione della cancelliera impone sì una visione «occidentalista» che Bismarck non avrebbe compreso, ma si colloca nel solco di quella ricerca degli equilibri che è alla base di tanta parte della logica bismarckiana e che trova una delle sue più riuscite espressioni nel trattato di controassicurazione. 
In che consiste oggi la vulnerabilità della Germania? Di nuovo nel suo essere una «potenza di centro», capace di farsi garante di stabilità all’interno dell’Unione Europea ma altresì esposta all’impatto che fenomeni come l’arrivo in massa di migranti o la complessa cooperazione con Russia e Turchia possono avere al suo interno. E il rischio è che tutto ruoti intorno alla figura di una sola persona – la cancelliera Merkel – così come in passato ruotava intorno a Bismarck.