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 2016  aprile 17 Domenica calendario

Sempre più a rischio il patto sul petrolio

I grandi produttori di petrolio si riuniscono oggi a Doha nel tentativo di trovare un’intesa in grado di calmierare la produzione di petrolio e quindi risollevare quotazioni ormai depresse da troppo tempo al punto da condizionare pesantemente i bilanci dei produttori stessi e con questi inevitabilmente pure la ripresa mondiale. Al di là delle dichiarazioni della vigilia, l’intesa si presenta però tutt’altro che facile. Tant’è venerdì, le ultime quotazioni del barile di greggio hanno fatto segnare un nuovo calo delle quotazione, nell’ordine del 3% (42,8 dollari il Brent, 40,3 il Wti americano), il peggior delle ultime settimane.
Teheran tiene duro
Pesa innanzitutto la posizione di uno dei principali Paesi produttori, l’Arabia Saudita, che per bocca del principe Mohammed bin Salman, presidente della Saudi Arabian Oil Company, ha fatto sapere di essere pronta a firmare un accordo solo se parteciperanno all’intesa tutti i maggiori produttori, Iran compreso. 
Secondo i piani abbozzati sino ad oggi l’asticella della produzione dovrebbe restare ferma ai livelli record registrati a gennaio, un dato che però Teheran non può accettare dal momento che in quel periodo aveva appena riavviato i propri pozzi dopo la fine delle sanzioni. Per questo l’Iran oggi a Doha non manderà nessun rappresentante. L’intento è quello di «evitare di compromettersi siglando un accordo controproducente per la propria industria petrolifera». Al summit saranno presenti invece i delegati di 12 Paesi dell’Opec su 13. Mancherà infatti solo la Libia. Tra i sette Paesi non Opec invitati al vertice hanno invece aderito Russia, Oman e Bahrein, il Messico invierà un osservatore, mentre Norvegia, Azerbaijan e Kazakhstan sono in forse. Assenti gli Usa. In totale, in questo modo, all’incontro sarà rappresentata una fetta pari al 75% della produzione mondiale.
In gioco 2 milioni di barili 
Attualmente l’offerta di greggio supera di circa 1-2 milioni di barili al giorno la domanda e pertanto l’obiettivo dell’Opec sarebbe proprio quella di concertare una riduzione pro-quota di un quantitativo equivalente. A quando pare però nessuno avrebbe intenzione di farlo concretamente. Mentre l’Iran, che definisce l’accordo in discussione «una barzelletta», punta i piedi con l’intento di ottenere una deroga che gli consenta di riportare la propria produzione ai livelli pre-sanzioni, passando così dagli attuali 2 milioni a 4 milioni di barili. Passo non facile. Tant’è che tutti gli osservatori si dicono scettici su un esito positivo del vertice. Anche secondo l’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia, una eventuale intesa avrà un impatto limitato sui mercati. Più che a Doha si guarda così alla crescita della domanda attesa nei prossimi mesi ed alla parallela riduzione di shale oil da parte degli Usa. In questo caso il riequilibrio dei mercati si concretizzerebbe però solo nella seconda metà dell’anno. Troppo tardi per evitare altri danni all’economia mondiale?