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 2016  aprile 17 Domenica calendario

Ultime da Potenza: indagato anche Lo Bello

Il petrolio. Un pontile per stoccarlo. Un «clan». E un ministro «strumento inconsapevole». Era iniziata così, con le mire di Gianluca Gemelli e del suo «quartierino» sulla banchina del porto di Augusta e le manovre per ottenerla. È finita con un terremoto giudiziario che ieri ha travolto il numero due di Confindustria Ivan Lo Bello, indagato assieme all’ex commissario straordinario dell’Autorità Portuale (riconfermato dal ministero dello Sviluppo) Alberto Cozzo; il contrammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto, capo della pianificazione finanziaria della Marina; il caposegreteria della senatrice pd Anna Finocchiaro, Paolo Quinto, e il lobbista della Compagnia delle Opere, Nicola Colicchi.
Il clanPer la mobile di Potenza, guidata da Carlo Pagano, i «promotori, ideatori e organizzatori» erano Gemelli e Colicchi. Lo Bello e Quinto i «partecipanti» con un «ruolo di cerniera con la politica». Usando le loro «entrature», secondo i pm, il clan si è mosso per vari scopi: dal pontile di Augusta a progetti nel settore petrolifero, all’energia, ai «Sistemi di difesa e sicurezza del territorio». All’ex ministro Federica Guidi, compagna di Gemelli, l’indagine dà il ruolo di «strumento inconsapevole di quello che lei stessa aveva mancato di individuare come clan». Al capo di stato Maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi, la nuova accusa: aver concorso a turbare l’assegnazione della concessione del pontile. Quinto, attraverso l’avvocato Giuseppe Di Noto, si dichiara «totalmente estraneo e sicuro di chiarire».
Le intercettazioni«Quest’area, la rivaluti. Ne abbiamo bisogno come il pane», diceva in un’intercettazione Gemelli. Per avere quel pontile e relativa servitù militare, per i pm Francesco Basentini e Laura Triassi, aveva costituito ad hoc, attraverso prestanome, la società Alfa Tanko. Ma la concessione era già di Alfio Fazio. Da lì le manovre per ingraziarsi il commissario portuale Cozzo. E promuovere l’ammiraglio Roberto Camerini per farlo fuori, perché non amico del clan («amoveatur ut amoveatur» citano, male, gli intercettati).
Le accuseI pm parlano dell’«esistenza di lobby affaristiche dirette a interferire sull’esercizio delle funzioni di istituzioni, amministrazioni pubbliche e di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale». E di come sia stato «difficile» individuarle «per l’appartenenza di alcuni dei sodali a ramificazioni delle stesse istituzioni», col «coinvolgimento di ambienti opachi del mondo politico-amministrativo e imprenditoriale».
Stop al Centro OliIeri il Tribunale di Potenza ha ritenuto valide le accuse dei carabinieri: nella vasche del Centro Oli di Viggiano e nel pozzo di reiniezione Costa Molina c’erano sostanze tossiche. Che, secondo i funzionari intercettati, erano lì per il malfunzionamento dell’impianto. L’Eni ricorre in Cassazione. E annuncia il fermo totale.