Corriere della Sera, 17 aprile 2016
Chi dice sì e chi dice no. Ecco i testimonial del referendum
«Q uando mi sono seduto sulla poltrona bianca nello studio di Porta a Porta per il confronto con Michele Emiliano ho capito come si sente la Salernitana all’ingresso nello stadio di San Siro».
Piercamillo Falasca rappresenta il paradosso di una campagna referendaria breve, abbastanza feroce e anche asimmetrica. Il fronte del Sì ha cercato di colmare un indubbio svantaggio affidando la speranza del quorum ai volti noti. Attori, comici e cantanti, da Piero Pelù a Elio Germano passando per Ficarra&Picone, Nino Frassica, con appoggi esterni giunti da Adriano Celentano, Luca Zingaretti e celebrità assortite. Le ragioni dell’astensionismo, che per indole recente degli italiani, carattere localista del quesito e convinto appoggio governativo, non parte certo sfavorito, sono state invece affidate a «un signor nessuno», virgolette d’obbligo perché la definizione viene proprio dal diretto interessato.
«Ma lei chi è?» La domanda gli è stata posta anche dallo stesso presidente della Regione Puglia, e sebbene il tono non fosse amichevole la curiosità era legittima. «Mi hanno definito economista, ma in realtà sono un analista economico, un giornalista, collaboratore dell’Istituto Bruno Leoni». Quando declina le proprie generalità, Falasca, per la cronaca 35 anni, originario di Sarno, figlio di medico in pensione e segretaria di scuola elementare, fidanzato, appassionato di sci e di vela, cita subito la sua collaborazione con il ministero degli Esteri, «ottenuta attraverso l’attuale sottosegretario Benedetto Della Vedova, persona che stimo», e la candidatura alle Politiche del 2013 in un collegio abruzzese per la Scelta civica di Mario Monti, che non fu un trionfo.
La premessa è resa necessaria dal clima non esattamente sereno di questi giorni. «Mi sono laureato alla Bocconi, come tanti altri, ma ora la provenienza universitaria mi viene rinfacciata alla stregua di una prova della affiliazione al club Bilderberg». Anche per questo, racconta, la presidenza del comitato «Ottimisti e razionali» che si batte contro il Sì al quesito sulle trivelle è stata affidata a Gianfranco Borghini, ex deputato del Pci e del Pds. «Un omaggio alla sinistra di una volta che capiva i temi dello sviluppo e del lavoro».
Falasca ha votato di tutto, a cominciare dai Radicali, pur sempre il partito delle nobili battaglie referendarie. «L’epoca in cui i referendum appartenevano a una politica che cercava di diffondere le libertà individuali è finita. Dal 2011 in poi sono diventati uno strumento che veicola demagogia e populismo».
Non è iscritto al Pd. «Io sono un liberale. Purtroppo quelli come me in Italia non sanno chi cavolo votare». In questi giorni di par condicio è apparso ovunque diventando il portavoce ufficioso della posizione ufficiale del Pd, quasi una specie di lavoro interinale. «Noi siamo partiti prima. Ma poi si è verificata una evidente collateralità con le tesi espresse dai vertici democratici, che hanno insistito molto perché fossimo noi e non altri a sostenere le nostre e le loro ragioni nelle trasmissioni televisive». E così la Salernitana, squadra della quale è tifoso, si è trovata nello stadio intitolato a Bruno Vespa e in ogni altra arena televisiva a fronteggiare in proprio e per conto terzi politici scafati e celebrità ambientaliste. «Prima ne parlavo ai miei cinquemila amici di Facebook. Dopo Pasqua hanno cominciato a chiamarmi le televisioni, e ogni volta io mi sentivo un buco nello stomaco».
Lasciate pure stare l’immagine del piccolo Davide contro i Golia mediatici. Non è il caso, e Falasca ha l’onestà di riconoscerlo. «Mi sono trovato dalla mia parte Giorgio Napolitano e Matteo Renzi, che ha rappresentato le sue posizioni con parole simili a quelle che uso io. Ho parlato in molti circoli Pd, dove ho notato che i “vecchi” ex comunisti, certo non renziani, stavano dalla mia parte, mentre gran parte del pubblico era composto da persone più ostili. Speravo almeno di trovare i soldi per promuovere i nostri video sui social network e fare un po’ di pubblicità cartacea. Ma sono arrivate solo piccole donazioni. E poi saremmo noi i petrolieri». Naturalmente, la domanda che gli è stata rivolta più spesso sui social network non riguardava certo la sua identità di perfetto sconosciuto. «Chi ti paga? Me lo hanno chiesto in tantissimi, come se non fosse possibile battersi in buona fede per le proprie idee. Adesso la saluto, che devo vedere se è arrivato il bonifico dell’Eni...».