Il Sole 24 Ore, 18 aprile 2016
Rimesse, romeni e cinesi al top
Ancora in calo le rimesse degli immigrati in Italia, ma in misura meno consistente rispetto agli anni più recenti. E se i cinesi, una volta primi esportatori di “guadagni” verso il loro Paese d’orgine, da qualche anno devono accontentarsi del secondo posto (dopo i romeni), ci sono altre comunità, in particolare quelle dell’Asia meridionale, che hanno di molto incrementato i trasferimenti di euro verso casa. Intanto il valore delle rimesse per le economie dei Paesi di origine si conferma fondamentale, andando a contribuire in maniera significativa alla creazione di Pil, spesso superando gli aiuti pubblici allo sviluppo messi in campo dai Paesi europei. Sono queste alcune delle indicazioni di sintesi che scaturiscono dall’ultimo studio realizzato da Fondazione Leone Moressa sui dati di Banca d’Italia relativi all’andamento delle rimesse nel 2015.
Il totale
Nel 2015 le rimesse dall’Italia sono state pari a 5,25 milioni di euro, in calo di oltre il 25% nel quinquennio 2010-2015, ma solo dell’1,4% rispetto al 2014, segnale di una stabilizzazione del trend negativo degli ultimi anni (nel 2013 rispetto al 2012 c’era stato un brusco calo del 20%).
«I dati forniti dalla Banca d’Italia aiutano a osservare la situazione e i comportamenti finanziari degli stranieri in Italia – osservano da Fondazione Moressa -. Le collettività dei diversi Paesi si comportano in maniera molto disomogenea. Ad esempio la Romania si conferma il primo Paese con 850 milioni di rimesse, ma segna un calo del 3,2% tra il 2014 e il 2015. L’arretramento più forte è quello della Cina (scesa a circa 560 milioni): un terzo in meno rispetto al 2014, ma addirittura il 70% in meno nel quinquennio. In ripresa le Filippine (quasi il 10% in più rispetto al 2014), ma soprattutto i Paesi come Bangladesh (+21% circa), India (+10%) e Pakistan (+33%). Ed è sempre un Paese dell’Asia meridionale, lo Sri Lanka, ad aver segnato l’incremento record nel quinquennio (+107%)».
Pro capite
Se sui volumi complessivi incide il numero dei residenti, l’importo medio pro capite ci racconta qualcosa sul profilo delle diverse comunità. Mediamente ciascun immigrato nel 2015 ha inviato circa mille euro a casa, ma marocchini e romeni, le due nazionalità più numerose, sono ampiamente sotto la media (585 e 749 euro a testa): indice questo di una forte presenza di persone inattive (donne, bambini, anziani).
Molto alti invece i valori medi pro capite dei cittadini del Bangladesh (3.776 euro), del Senegal (2.785), delle Filippine (2.112) e della Cina (2,097), dovuti probabilmente all’alto tasso di popolazione attiva o a un maggior livello di reddito.
Il rapporto con il Pil
Resta il fatto che, pur in diminuzione, le rimesse sono quasi il doppio rispetto agli aiuti per lo sviluppo (Aps) stanziati dall’Italia a favore dei Paesi più svantaggiati: 5 miliardi contro 3 miliardi, lo 0,32% del Pil contro lo 0,19. «Gli aiuti allo sviluppo da parte degli altri Paesi non sono molto più cospicui – si osserva nello studio di Fondazione Moressa -. In rapporto al Pil, le quote più consistenti arrivano da Arabia Saudita (1,82%) ed Emirati Arabi (1,26%), mentre in Europa i valori più alti li rendono disponibili Svezia, Norvegia (ciascuna sull’1%) e Regno Unito (0,70%)».
Ma qual è l’impatto di queste risorse esterne sul Pil dei Paesi destinatari? «Ebbene gli Aps hanno generalmente un impatto limitato sulle economie riceventi, ad eccezione dell’Afghanistan, dove incidono per un quarto sulla ricchezza nazionale, oppure della Siria o l’Etiopia (dove si scende comunque al 9 e al 7%) – puntualizza la ricerca -. Le rimesse invece hanno generalmente un impatto diretto e l’incidenza sul Pil del totale in arrivo da tutto il mondo è molto alta in alcuni Paesi: raggiunge il 10% nelle Filippine, supera il 7% in Bangladesh, Pakistan, Albania e addirittura il 26% in Moldovia».