la Repubblica, 17 aprile 2016
Di che colore è la Groenlandia?
Già, di che colore è la Groenlandia? La domanda, apparentemente banale, nasconde un tranello scientifico. A molti sarà capitato (sfogliando un atlante, osservando un mappamondo o consultando una mappa digitale) di constatare che la Groenlandia è bianca. È, infatti, coperta di ghiaccio e neve per la maggior parte del suo territorio, che si estende su una superficie circa sette volte più grande di quella dell’Italia. Il nome le fu assegnato, secondo fonti storiche, da Erik il Rosso, esploratore vichingo mandato in esilio dall’Islanda intorno all’anno Mille. La sua fu una mossa propagandistica per attirare più coloni: Greenland viene tradotto letteralmente in “Terra Verde”. Ma il tranello del nome non è quello di cui ci occupiamo. L’isola della Groenlandia gioca un ruolo fondamentale nello scenario del cambiamento climatico: contiene infatti abbastanza acqua immagazzinata sotto forma di ghiaccio tale da innalzare il livello del mare di sei, sette metri. Il suo parziale disgelo, proiettato per la fine del secolo dalla comunità scientifica, coinvolgerà la scioccante cifra di più di cinquecento milioni di persone che vivono in aree a rischio inondazione: metà della popolazione dell’Olanda e un quarto di quella del Vietnam. Inoltre, gioca un ruolo fondamentale nel complesso e delicato territorio artico, dove le temperature sono aumentate a un ritmo pari al doppio di quello del resto del pianeta. È proprio di questa settimana la notizia che la zona meridionale della Groenlandia ha cominciato a sciogliersi quest’anno il 12 aprile, quasi un mese prima della media, con temperature che hanno raggiunto picchi fino a circa 15 gradi.
Ma cosa c’entra tutto questo con il colore? C’entra. Anzi, è fondamentale. Il motivo è legato alla nostra stella, il Sole, che fornisce l’energia necessaria per lo scioglimento. L’energia solare viene, infatti, parzialmente assorbita o riflessa in maniera diversa dai diversi materiali che coprono la superficie del nostro pianeta. Per esempio, la neve fresca riflette la maggior parte dell’energia del sole (è abbagliante!), di conseguenza ne assorbe pochissima, ed è, perciò, più difficile da sciogliere. Al contrario, le foglie di un albero sono più scure della neve, per cui si riscaldano più velocemente. Le diverse superfici terrestri, perciò, riflettono l’energia solare in maniera unica e sono caratterizzate da una sorta di impronta digitale spettrale (qui il termine indica una proprietà che varia con lo “spettro” elettromagnetico, ovvero a seconda dei diversi colori della luce che incide sul materiale). Questa impronta spettrale cambia durante il corso della vita di un oggetto (un po’ come il colore dei nostri capelli cambia con l’età) e così la neve appena caduta al suolo può essere distinta dalla neve dell’anno prima o dal ghiaccio. Gli scienziati studiano le caratteristiche fisiche della neve e del ghiaccio puro utilizzando i dati collezionati dai sensori a bordo dei satelliti nello Spazio a un’altezza di ottocento chilometri (sopra le nostre teste) e a una velocità di circa ventiquattromila chilometri l’ora. Le immagini vengono poi spedite alle stazioni a Terra, dove vengono controllate e poi distribuite.
Proprio l’analisi dei dati satellitari ci ha permesso di scoprire che la Groenlandia è diventata più scura nell’ultimo ventennio. Ciò è dovuto a una combinazione di fattori, alcuni visibili e altri invisibili ai nostri occhi (ma non a quelli dei satelliti). A partire dal 1996, infatti, la Groenlandia è entrata in una fase in cui lo scioglimento del ghiaccio è aumentato anno dopo anno, e continua tutt’oggi ad aumentare. Uno scioglimento più intenso favorisce l’esposizione del ghiaccio sottostante lo strato del manto nevoso. Il ghiaccio assorbe fino al settanta per cento della radiazione solare, a differenza della neve che ne assorbe solo circa il trenta. L’aumento dello scioglimento, perciò, favorisce l’esposizione del ghiaccio (più scuro della neve) che, a sua volta, aumenta lo scioglimento e, ancora, rende la superficie più scura. Questo meccanismo instaura una reazione a catena in cui lo scioglimento aumenta in maniera progressiva.
Il secondo fattore riguarda la presenza di polveri, sabbia e fuliggine sulla superficie del ghiaccio. Uno scioglimento più intenso favorisce anche l’aumento della concentrazione di tali materiali. Polveri sottili e ceneri vengono depositate sulla superficie della neve continuamente tramite vento e precipitazioni. Le sorgenti di tali particelle sono molteplici e disparate: da granelli di polvere dal deserto del Gobi alle ceneri delle eruzioni vulcaniche, fino agli incendi nel nord della Siberia e a detriti meteoritici. Quando la neve si scioglie, tali particelle vengono in parte disperse dal flusso d’acqua e in parte intrappolate sulla superficie della neve o del ghiaccio: più la neve si scioglie, più le particelle tendono ad accumularsi sulla superficie. Come per il ghiaccio esposto, anche in questo caso un aumento dello scioglimento favorisce un aumento dell’accumulo di particelle scure sulla superficie che, a sua volta, ne aumenta lo scioglimento (perché le particelle scure assorbono più energia solare dei fiocchi di neve). Anche in questo caso si instaura, perciò, una reazione a catena.
Ma oltre ai meccanismi visibili ai nostri occhi, ci sono anche fenomeni in cui “l’essenziale è invisibile agli occhi”. In questo caso sono i fiocchi di neve a essere protagonisti. Questi ultimi crescono quando la neve è sottoposta a cicli di fusione e rigelo. Uno dei motivi è legato alla presenza dell’acqua liquida nel manto nevoso, che agisce come un collante per i fiocchi che si ricongelano “incollati” tra loro dallo strato sottile di acqua congelata. Questo processo altera la capacità della neve di assorbire la radiazione solare: più i grani sono grandi, più radiazione solare viene assorbita e si ha una reazione a catena simile ai due casi precedenti. Tuttavia, in questo caso, nonostante la neve assorba più energia, appare ai nostri occhi quasi immutata, come se nulla fosse cambiato.
D’estate, quando il sole artico non tramonta mai, l’effetto della radiazione solare combinato con lo scurirsi della Groenlandia accelera lo scioglimento. Poiché i fenomeni che abbiamo discusso sopra vengono amplificati con l’aumentare della fusione del gelo, l’incremento delle temperature nell’Artico proiettato per i prossimi decenni favorirà ulteriormente la fusione, amplificata e accelerata da una Groenlandia che diventa sempre più scura. L’impatto dell’aumento dello scioglimento del ghiaccio su questa remota isola ci coinvolge tutti. Al di la dell’innalzamento del livello del mare, studi recenti hanno indicato nell’aumento d’acqua dolce proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia uno dei meccanismi responsabili dell’alterazione di una delle più importanti correnti oceaniche del pianeta, che regola il nostro clima. Inoltre, l’alterazione della salinità dell’Oceano può, a sua volta, avere forti ripercussioni sulla flora marina e il sistema ecologico da cui dipende. A differenza di ciò che molti pensano, i poli del nostro pianeta non sono affatto marginali. Sono potenti giganti dormienti che noi abbiamo risvegliato con il rumore degli ingranaggi che stiamo alterando sul nostro pianeta, attraverso l’aumento dell’emissione dei gas serra.