Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 17 Domenica calendario

De Luca dice no ad Al Pacino perché costa troppo

Quello spettacolo non s’ha da fare. Vincenzo De Luca, il governatore campano che derubrica a “personaggetti” i leader della politica nazionale e locale, l’ex sceriffo salernitano che perfino nella recente direzione nazionale del Pd aveva elargito il suo show citando Brad Pitt e Raul Bova («Vi meravigliate che a Roma siano andati a votare in 40mila? Ma avevamo Giachetti e Morassut, mica i due sex symbol») ora sbarra il passo a uno dei più grandi attori al mondo: il premio Oscar Al Pacino, la stella hollywoodiana da un milione di dollari a cachet. «Al Pacino è un grandissimo artista, ma sono contrario al finanziamento di 700mila euro per assicurare la sua presenza in due spettacoli in città», ha sentenziato il presidente della Regione, su una tv locale, due giorni fa. E il contraccolpo rischia di mandare in tilt l’appeal del cartellone finanziato dalla Regione – un programma già molto in ritardo, non ancora approvato dalla Fondazione
in house Campania dei Festival – del Napoli teatro Festival. Da appuntamento internazionale a feuilleton
troppo partenopeo.
Risultato: la star americana sparisce dal cielo della Campania. E si scatenano le ire del direttore artistico del Festival, Franco Dragone, regista di origini irpine ma dal curriculum internazionale, che ha firmato dagli spettacoli del Cirque du Soleil all’inaugurazione delle Olimipiadi di Pechino 2008. Imbarazzo del consigliere per la Cultura del governatore, Sebastiano Maffettone, filosofo prestato alle istituzioni che vedeva di buon grado «la presenza di un grande artista tra altri e diversi investimenti di spettacoli e iniziative distribuite in Campania».
La frattura c’è. A Dragone non va giù «l’invasione di campo, ma io non mi arrendo alla politica». Maffettone ragiona con Repubblica e prova ad andare oltre il disagio, anche con una battuta sul suo presidente: «Vi assicuro che Al Pacino non turba il mio sonno: se avessi voluto conoscerlo, lo avrei fatto nei dieci anni in cui sono stato a New York. Mica ho vissuto solo in provincia di Salerno». Ma «la questione è molto più seria: Napoli decida cosa essere. Una città respingente, che si chiude e si difende dietro propri legittimi interessi e visioni? Oppure è quella capitale d’arte, cultura e integrazione che diciamo di essere? A Parigi e New York non si monta ogni volta il teatrino su quanto costa e a chi sta bene quell’artista. Quindi, perdere una personalità come Dragone sarebbe uno spreco. Quanto al resto, detesto l’idea dell’eventificio, e come consulente ho messo la firma su un programma che si chiama Cultura 20.20 basato su una visione opposta: che lavora su quattro anni, e con l’obiettivo di trasferire attrattività dai poli strategici come Napoli o Capri, brand fortissimi, al resto della Campania, sconosciuta».
Dragone aveva già detto che la presenza del divo hollywoodiano era «un’occasione imperdibile». Il regista, lontano anni luce dalle camarille della politica locale e dalle polemiche del mondo teatrale napoletano, ha alzato la voce. Ora ribadisce: «Non mi piego alla politica, ma certo che non avrei sprecato 700mila euro, sono soldi pubblici, ma ci avremmo ricavato più del doppio». Dopo settimane di delicate trattative tra Italia e America, la bocciatura sonora di De Luca. Sensibile, ovvio, alle proteste di teatranti e artisti napoletani di valore che attendono da anni di essere pagati, dalle passate gestioni dello stesso Festival: «Per la star quasi un milione e noi aspettiamo ancora gli spiccioli?».
Poiché tutto avviene alla vigilia delle elezioni per il Comune, su cui Renzi e De Luca risultano impegnati in prima linea, il governatore ha accolto la polemica con quel ghigno diventato ormai iconico, grazie alle parodie virali di Crozza. «Guardi – gli avrebbero spiegato gli organizzatori – Al Pacino non si muove per meno di un milione di dollari. Ma noi ci rientriamo con gli incassi e aiutiamo anche le compagnie locali». Inutile. «Basta», avrebbe reagito. Uno sguardo che forse diceva: Al Pacino? Per il cinema basto io, come il De Luca targato Crozza.