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 2016  aprile 17 Domenica calendario

È l’handicap che fa il supereroe

Vecchia storia del politicamente corretto: gli handicappati si chiamavano prima disabili, poi portatori di handicap, da qualche tempo «diversamente abili». Ma diversamente abili a fare cosa? A stare su una sedia a rotelle?
In realtà le serie tv, negli ultimi anni, hanno sdoganato l’handicap, ripristinando anche le parole da non dire. Daredevil, arrivato su Netflix alla seconda stagione, è cieco (e lì si torna a dire proprio così, «cieco», al massimo «non vedente»), benché nella fattispecie Matt Murdock sia davvero diversamente abile: chiunque vorrebbe essere cieco come lui, i cui sensi sono acuiti a tal punto da permettergli di schivare pallottole e sentire conversazioni a centinaia di metri di distanza. È noto, d’altra parte, che davvero la cecità sviluppa gli altri sensi, non fino a questo punto ma comunque è un inizio. Piuttosto l’unico vero handicap di Devil è essere cattolico, per cui non uccide i cattivi, li stordisce e basta, con il risultato di ritrovarseli pari pari il giorno dopo, appena si riprendono. Per fortuna affianco a lui ci sono Stick (altro cieco con abilità di Devil, e suo maestro) e Electra, i quali infilzano i nemici senza problemi. Nello stesso quartiere, tra l’altro, vive Jessica Jones (altra serie parallela): non ha nessun handicap, ma proprio è alcolizzata, butta giù bottiglie di whisky come fosse acqua.
È cieco anche l’agente August Anderson, il co-protagonista di Covert Affairs, ha perso la vista durante una missione in Irak, ma resta comunque il miglior tecnico informatico della Cia e senza di lui resterebbero irrisolti gran parte dei casi. Ovviamente cammina per strada come il Murdock di Daredevil, sondando il terreno con l’apposito bastone, e questo gli dà un certo non so che.
A proposito di bastoni, non solo per non vedenti. Gregory House era zoppo, ma toglietegli il bastone e perderà gran parte del suo carisma. Nella serie House M.D., purtroppo conclusa, succede alla fine della seconda stagione, quando in seguito a un’operazione, per un effetto collaterale positivo dell’operazione e della chetamina, sembra che non senta più dolore alla gamba, è apparentemente guarito, e si mette a fare footing come uno scemo qualsiasi. Per fortuna dura poco, e nella seconda puntata della terza stagione torna a zoppicare (titolo “Zoppo ma in gamba"), ed è di nuovo un gran fico.
Nel 2013 ha fatto di nuovo capolino (per poco) anche Ironside, remake della serie andata in onda tra il 1965 e il 1975: il protagonista è il celebre sergente di polizia Robert Ironside, paralizzato dalla vita in giù a causa di un colpo di pistola, ma tutto gira intorno alla sua intelligenza, resa più evidente dal fatto che lui gira in sedia a rotelle.
Come nell’Ottocento, dove essere malati ti restituiva un’aura decadente (la malattia più poetica e romantica per eccellenza era la tisi), negli eroi televisivi viene riscattato perfino il malato grave. In Broadchurch, bella serie arrivata alla seconda stagione (sempre su Netflix) l’ispettore Alec Hardy, interpretato da David Tennant, è cardiopatico, ingoia betabloccanti come House il Vicodin, e si accascia durante gli inseguimenti. Se fosse sano e scattante sarebbe molto meno interessante, e tra l’altro la malattia lo rende più agguerrito nel risolvere i casi che lo tormentano.
Mentre il caso più eclatante è stato quello di Walter White, il professore di chimica di Breaking Bad, che solo grazie a un tumore terminale trova la forza per realizzare se stesso, diventando, tra una chemio e l’altra, il mitico Heisenberg, produttore della Blue Sky, la migliore metanfetamina del New Mexico. Morale: meglio un anno malato da cattivo vincente che una vita in salute ma perdente.
Per carità: nella vita reale un handicap resta un handicap, e una malattia una disgrazia, e però perfino Michael J. Fox con il Parkinson ci ha fatto pure una serie, il Michael J. Fox Show. Inoltre almeno adesso quando vedi un cieco ti sembra di vedere un supereroe, e se ti fai male a una gamba e sei costretto a zoppicare con un bastone ti senti un po’ il più grande diagnosta del mondo. E poi non è detto: se siete paraplegici, ma avete il cervello di Stephen Hawking, siete davvero diversamente abili.