Il Messaggero, 18 aprile 2016
Vendere il Colosseo per salvare l’Italia. La trama del nuovo libro di Sorgi, una storia che potrebbe diventare realtà già l’anno prossimo
Uno dei modelli segreti potrebbe essere Flaiano, con il suo Marziano a Roma. Il risultato è una favola politica – giocosa e insieme terribile come ogni favola. Immaginare il futuro più o meno prossimo per capire meglio il presente: questo fa Marcello Sorgi in Colosseo vendesi(Bompiani,196 pagine,12 euro). Un racconto lungo, un apologo lieve e insieme allarmante, ambientato a Roma non fra cent’anni ma fra uno: sì, esattamente l’anno prossimo.
Primavera 2017: appena caduto un governo giovane e giovanile, un pragmatico quanto cinico Successore si dispone a concretizzare la delirante proposta di un economista. Quella che in un film con Totò e Peppino davanti alla Fontana di Trevi pareva essere una trovata simile a una barzelletta, qui diventa – per voce del documentato e forse un po’ spostato Ermanno Buio – una soluzione effettiva al rischio di default italiano. Il monumento più famoso al mondo, il Colosseo, messo in vendita. «Tesi pazzoide» viene definita sulle prime da un ministro, ma – come spesso accade da queste parti – l’Assurdo, appena addomesticato, diventa qualcosa di praticabile. I giornalisti di un quotidiano romano, con in testa l’eccentrico e spiccio cronista Bricco, rilanciano, approfondiscono, indagano.
GIORNALII giornali staranno pure morendo, ma nella lenta agonia c’è ancora qualche sorpresa: «Bricco non stava più nella pelle. Aveva cercato inutilmente due volte Ermanno Buio, senza trovarlo». Alle undici di mattina il sito del Guardian e quello del Financial Times hanno già titolato: «Selling Colosseum».
AVANZATANel frattempo, l’avanzata di uno sceicco arabo, la sua curiosità che diventa interesse, inizia a trasformare il paradosso in una strategia. «Non riesco a capire – dice Ibn Al Taib – se il Colosseo sia effettivamente in vendita come si dice nel titolo. Perché non è chiaro se si tratti di un’offerta reale o soltanto di un’ipotesi».
E sì, diventa un’offerta reale, avallata dal capo di governo – nemmeno troppo larvatamente costruito sull’attuale leader leghista (se è lecito giocare al gioco delle identificazioni). La prosa di Sorgi è veloce, ironica, stupita: come se i personaggi a cui lui stesso ha dato forma, pescando a piene mani dalla realtà, riuscissero sempre un po’ a sorprenderlo, a spiazzarlo. Bricco è uno spasso, col suo serafico romanesco; il ministro della cultura, Ino, un sopravvissuto del governo giovane («aveva nel nome un diminutivo che introduceva un discreto contenimento delle sue ambizioni»), somiglia a un don Chisciotte sbalestrato.
CROLLIHa la «delega sulle rovine» e invita perciò il premier a non lamentarsi troppo dei crolli, a Pompei e dappertutto. Ma d’altra parte, l’unica cosa che veramente conta, agli occhi del rampante primo ministro, è l’economia. Non se ne esce: Ino si oppone all’atto di vendita dell’anfiteatro Flavio – «inaugurato nell’80 d.C., con cinquemila tigri, leoni e gazzelle sterminati in un solo giorno, la battaglia navale nel fondale allagato, i combattimenti impossibili come quelli tra gru ed elefanti, l’ingresso nell’arena dei gladiatori destinati alla morte al grido di Ave, Caesar, morituri te salutant».
OSTACOLIAllo sceicco megalomane brillano gli occhi, e gli ostacoli al suo sogno fuori misura sembrano ormai superati. Non le ansie del presidente della Repubblica, non quelle del Papa servono a scongiurare la messa all’asta del monumento che – sostiene il vecchio pontefice – è anche «un altare con la croce eretta in memoria dei martiri cristiani». In effetti, il Colosseo, sfondo dell’annuale Via Crucis, è più dello Stato o della Chiesa? Non si fa in tempo a dare una risposta che l’irreparabile è già accaduto. «La vendita vera e propria fu conclusa in un’ora». Ciao Colosseo. Quello che accade nelle ultime venti pagine non va svelato, ma avvera l’inquietante profezia del Venerabile Beda, monaco inglese del VII secolo, riprodotta in quarta di copertina: «Finché esisterà il Colosseo, esisterà anche Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; quando cadrà Roma, cadrà anche il mondo».
DESTINOIl palermitano Sorgi, da giornalista da anni trapiantato nella Capitale, se ne prende a cuore il destino – e nel frattempo scherza con il fuoco. Anzi, se ne prende a cuore proprio scherzando col fuoco. E nella sua favola politica fa balenare non solo pericoli a portata di mano in un Paese sempre pronto a svendersi. Ciò che più di tutto allarma è la rassegnazione dell’opinione pubblica – a Roma e fuori – di fronte alla barzelletta di Totò che diventa programma politico. Lì c’era da ridere, qui molto meno.