la Repubblica, 18 aprile 2016
Commento al Campionato di Gianni Mura
Festa triste per la Juve: il grave infortunio a Marchisio lo allontana dal finale di campionato, con lo scudetto che ormai è solo questione di tempo, e lo toglie anche alla Nazionale. Sarà un’assenza pesante, brutta svolta di una stagione piena di spine. Si capisce subito, da come si tiene il ginocchio e da come grida, da come velocemente entra la barella, che lo scontro fortuito con Vazquez ha conseguenze gravi.
Fino a 20’ dalla fine la Juve campa sull’1-0, con qualche libertà di troppo lasciata al Palermo. Allegri urla perché glielo impone il ruolo, ma è il primo a sapere che fra due o tre giornate (dipende anche dal Napoli) la questione sarà chiusa. Dopo il 2-0 di Pogba il solo obiettivo della Juve è far segnare Padoin, simbolo del perfetto gregario, e ci riesce pure.
Dalla festa triste della Juve alla tristezza mitigata del Napoli. Il tonfo di San Siro poteva avere strascichi più fastidiosi, ma il 3-3 della Roma a Bergamo, sempre nell’orario che a Sarri non piace, tiene la squadra di Spalletti a 5 punti, un margine non di assoluta sicurezza, ma che dà sufficienti garanzie. A patto di rialzare la testa. Inter-Napoli è stata paragonata all’ultima sfida tra Atletico Madrid e Barcellona, e Mancini arruolato tra i cholisti. Il 4-4-1-1 interista funziona con le squadre d’alta clasifica, meno con le altre. Dopo mille rimescolii Mancini sembra aver trovato una squadra che lo soddisfa. Ci è arrivato tardi, forse non troppo tardi, la Roma sta 4 punti sopra e ha rallentato la corsa: tre pareggi nelle ultime quattro partite (Inter, Bologna, Atalanta). Vinto solo il derby, forse facendo un favore alla Lazio. Che ha ritrovato mordente con Inzaghi in panchina: due partite, due vittorie.
Se paragonare Mancini a Simeone è un complimento, di questi tempi, avvicinare Sarri a Luis Enrique non lo è. Fino a due mesi fa sì, adesso no. Tanto possesso di palla e poche occasioni create.
Assenza di Higuain a parte, il Napoli ha mostrato due limiti: la diminuita freschezza atletica e l’incapacità di costruire un gioco alternativo. Vero che in panchina non ci sono molte possibilità, vero che il bel giocattolo non è rotto, ma Sarri deve intervenire e inventarsi qualcosa: arrivare secondi dietro a una Juve che ha vinto le ultime 22 partite su 23 sarebbe un grande risultato.
Ho tenuto per ultima la Roma, che per una settimana, dopo le frasi a muso duro negli spogliatoi di Bergamo, sarà una sorvegliata speciale. Nella telenovela Spalletti- Totti servirebbe l’intervento di un tragediografo greco.
Metaforicamente, Spalletti non è portato all’uccisione del padre ma al sacrificio del figlio. Dopo il 3-3 poteva pure regalargli una frase carina, invece di puntualizzare che Totti non aveva salvato la Roma, ma la Roma si era salvata da sé, dopo essere andata in bambola. Sarà, ma il 3-3 parte dal piede di Totti.
Sbaglia Spalletti se crede che Dzeko sia condizionato dal confronto con Totti. È tutta la Roma che ha il diritto di interrogarsi sul rendimento di Dzeko (anche ieri). Spalletti dovrebbe sapere che a Roma andare contro Totti è come presentarsi a un convegno di vegani masticando un cosciotto d’agnello. Alla sua età, Totti può essere dosato e discusso, maltrattato no.
Infine il Milan. Brocchi parte con la medaglietta del risultato ottenuto col 4-3-1-2 che tanto piace in quel di Arcore. Bravo Bonaventura come trequartista, bravo e fortunato Brocchi: Bacca segna quando già era pronto il cambio e dopo che s’era mangiato un gol tentando la rabona. Alla fine tutti ad abbracciare il nuovo tecnico, Balotelli tra i primi.
Comincia un’altra storia? Presto per dirlo.