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 2016  aprile 18 Lunedì calendario

L’ultimo seminarista nel convento preferito di Ratzinger

Zuppa tirolese, rosticciata di carne e patate… «Lo sa che in questo refettorio veniva a mangiare papa Benedetto XVI? Quando era vescovo, cardinale e anche Papa: nell’estate 2008 ha passato qui l’ultima vacanza lontano da Roma». Due tavoli, nella sala pranzo dei professori del Priesterseminar Brixen, il Seminario maggiore di Bressanone. Nel primo ci sono ex docenti e parroci anziani, nell’altro “tutto” l’attuale seminario: il rettore don Michele Tomasi, il padre spirituale Gerwin Komma e il seminarista Peter Kocevar, 26 anni, che non dovrebbe essere qui. Il refettorio di chi ancora non è sacerdote è infatti a pochi metri e conta almeno 80 posti a tavola: ma Peter dovrebbe mangiare tutto solo, perché quest’anno è l’unico allievo. «Ormai – dice il rettore – più che una comunità siamo una famiglia. E in famiglia si mangia tutti uniti».
Una foto in bianco e nero del 1963 mostra l’ordinazione dei sacerdoti nella cappella del seminario: si contano 17e giovani, prostrati sul pavimento. «L’anno seguente – racconta don Michele Tomasi – Bressanone ha ricevuto anche i seminaristi di Bolzano e da allora siamo l’unico seminario dell’Alto Adige. In quei primi anni c’erano un centinaio di allievi, nel quinquennio dedicato agli studi soprattutto della filosofia e della teologia. Fra il 1992 ed il 1998 siamo scesi a 20-25 e a 12 nel 2010. Adesso, ufficialmente, i seminaristi sono quattro, ma tre di loro sono fuori dalla comunità. Uno ha scelto di fare un’esperienza pastorale come diacono a Bolzano, un altro è impegnato in una comunità di Pavia e il terzo ha chiesto di entrare nel seminario di Trento, che con 15 allievi si può chiamare ancora comunità. Purtroppo, da due anni, non abbiamo nessun ingresso e questo fatto mette in seria discussione il nostro futuro».
Spunta la luna sulla montagna Plose e illumina un seminario bellissimo. Nel 2008, quando le telecamere arrivarono da mezzo mondo per raccontare la vacanza del papa, sembrava ancora lo storico e potente “castello” dei preti del Sudtirol. Ma dietro le transenne e gli sbarramenti che proteggevano la quiete papale, quasi tutte le stanze erano già vuote. Oggi il Priesterseminar è forse il simbolo amaro di una storia che non vuole accettare la parola fine. «Sarebbe davvero triste – dice il rettore, don Michele Tomasi – chiudere questa esperienza. Il nostro seminario è davvero unico perché plurilingue – qui si parlano tedesco, italiano, ladino – e pluriculturale. Certo, siamo in contatto con Innsbruck e Trento per unire le nostre forze, ma in quelle comunità si parla una lingua sola».
Peter Kocevar, l’unico seminarista, è di origine slovena. È arrivato a Bressanone per frequentare la scuola teologica, poi ha deciso di diventare inquilino fisso del Priesterseminar. «Voglio diventare prete – racconta – perché il sacerdote è un legame fra la gente e Dio. La gente è vera e anche il prete deve essere vero. È un uomo che può sbagliare, che non è perfetto ma che vuole crescere assieme al suo popolo. La vocazione è una cosa che ti senti crescere dentro. Ma forse ha ragione il vescovo di Lodi, che abbiamo incontrato l’altro giorno. Ha detto che per fare questa scelta bisogna essere un po’ matti».
Nel 2007 sono stati celebrati i 400 anni dalla fondazione. La biblioteca del ’700 è stata tante volte il rifugio di papa Ratzinger al quale, durante gli 11 soggiorni, veniva consegnata una chiave personale. Oggi la biblioteca serve gli studenti della scuola teologica. «Può sembrare paradossale – dice il rettore – che la scuola sia così frequentata (quest’anno conta 140 studenti) mentre il seminario resta vuoto. Certo, c’è chi vuole partecipare alla vita della Chiesa come persona formata, ma tanti studiano per diventare insegnanti di religione e trovare lavoro. Diventare prete è una scelta definitiva, e le scelte definitive in questi tempi diventano sempre più difficili. Non solo per il sacerdozio. Anche i matrimoni in chiesa – altra scelta non meno vincolante – sono in netta diminuzione. Che faremo? Per ora navighiamo a vista. Ubers Bruggele, si chiama la nostra rivista che esce una volta all’anno. Significa “passare il ponte”, che un tempo era qui davanti al portone. “Passo il ponte” voleva dire entro in seminario».
Il padre spirituale, Gerwin Komma, è un gesuita che arriva da Vienna. Ha guidato realtà importanti, come il collegio Germanico Ungarico di Roma. «Io prego – dice sorridendo – perché si presentino almeno venti giovani, per essere in grado di accettarne almeno dieci». I giovani arrivano, soprattutto d’estate, non per «passare il ponte», ma per dormire qui come turisti. Si può scegliere fra Bed & Breakfast, mezza pensione, pensione completa. Su Tripadvisor ci sono recensioni positive. «Camere spartane e pulitissime, silenzio assoluto». Un letto singolo, un tavolino, un crocefisso. Finestre sul giardino interno o sulla Plose. Suor Maria Pietà Dorfman, 85 anni, governante del cardinale Ratzinger quando soggiornava qui, ora assiste i preti anziani. Lavora nel seminario da 52 anni, quando tutte le stanze erano occupate. E nei corridoi si ascoltavano le note del pianoforte di Joseph Ratzinger.