La Stampa, 18 aprile 2016
Non è un bel periodo per Almodóvar, dai Panama papers al flop di «Julieta»
Poco più di 600 mila euro. Tanto ha guadagnato nella prima settimana nelle sale spagnole Julieta, l’ultimo film di Pedro Almodóvar. È il peggior risultato ottenuto negli ultimi vent’anni dal regista spagnolo. Nel 2006, Volver, uno dei suoi successi più grandi, ottenne 1,8 milioni di euro e l’ultimo film, Gli amanti passeggeri, si affermò con ben 1,9 milioni di euro. È anche vero che Julieta ha debuttato con 185 copie, un centinaio in meno degli Amanti passeggeri, con una strategia diversa, che punta non sull’exploit del debutto, ma su una permanenza lunga nelle sale.
È un fatto, però, che è la prima volta da anni che un film di Almodóvar non arriva direttamente al primo posto negli incassi,Julieta è stato solo il quinto titolo più visto nel suo primo weekend nelle sale.
Il film è un dramma tutto al femminile: Julieta è una donna matura, che convive con il dolore della sparizione di sua figlia; un incontro fortuito la spinge a fare i conti con il proprio passato e a rendersi conto di quanto abbia sempre saputo poco della figlia. Interpretato da Adriana Ugarte ed Emma Suárez, la Julieta giovane e adulta, il film è liberamente ispirato a tre brevi racconti di Alice Munro, Fatalità, Tra poco,Silenzio (da In fuga, in Italia edito da Einaudi) e sposta l’azione dal Canada originario alla Spagna.
Le critiche sono state contrastanti, come sempre succede in Spagna con i film del regista manchego, ma, dopo tanto tempo, sono state soprattutto positive; per El País è «la miglior sceneggiatura di tutta la sua carriera, un esempio eccellente di travaso cinematografico di un materiale di alta qualità».
È un dramma che parla «del dolore con discrezione» secondo le stesse parole del regista, nelle poche interviste che ha rilasciato per promuovere il film. E chi lo sa se sarà più loquace al Festival di Cannes, dove Julieta concorrerà per la Palma d’Oro.
In Spagna la promozione del film ha coinciso con lo scandalo dei «Panama Papers»: anche Pedro Almodóvar e il fratello Agustín, suo braccio destro e mente della loro casa di produzione, El Deseo, figurano nella lista dei famosi con conti non trasparenti all’estero. E probabilmente questa è una delle cause del flop ai botteghini: i detrattori hanno potuto attaccarlo finalmente con causa e i cittadini comuni, sfiancati dalla lunga crisi economica, non tollerano più le debolezze fiscali dei punti di riferimento etici e morali del Paese.
Almodóvar è una figura controversa, di fama declinante in patria: le sue posizioni politiche progressiste e il suo cinema, che racconta una Spagna irriverente ed eccessiva, gli hanno inimicato la parte più conservatrice dell’opinione pubblica, che rifiuta i suoi film a prescindere.
Anche i rapporti con l’Academia de Cine, che assegna i Premi Goya, sono sempre stati burrascosi, con clamorose assenze e ritorni inaspettati alla «Notte dei Goya», a confermare un ego ben consapevole di sé. Per non parlare dei critici cinematografici e dei cinefili, che guardano con diffidenza alle sue nuove produzioni, convinti che il suo talento creativo sia terminato conVolver.
I «Panama Papers» hanno danneggiato la reputazione del cineasta, che ha sospeso la promozione di Julieta e non ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione. Ha rotto il silenzio solo un paio di giorni fa, per dire che non sapeva niente dei documenti sui suoi conti all’estero, «ma devo anche aggiungere che la mia ignoranza non è una scusa, sono assolutamente responsabile con Agustín e ovviamente assumo tutta la responsabilità che c’è e potrà esserci per trovarmi in quei documenti infami».
Lo scandalo ha messo in discussione la fama progressista del regista, ha confermato le impressioni negative a chi non lo apprezza e non ha giovato all’uscita del film. Il Festival di Cannes lo aiuterà a risalire la china?