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 2016  aprile 18 Lunedì calendario

La lingerie va in mostra

Il vestito-sottoveste viola di Elie Saab come i corsetti del ’700, gli slip di David Beckman in vendita da H&M come la biancheria raffinatissima dei dandy ottocenteschi raccontano meglio di tante parole miti e trasformazioni della nostra società. L’«intimo» soccorre le nostre ansie e capricci nell’aspirazione al corpo ideale, magro, sexy, giovane; così è tutto un alzare, stringere, esagerare volumi. Consola riscoprire che i nostri antenati erano narcisi come noi, lo garantisce la rassegna che il V&A di Londra mette in scena dal ’700 a oggi: «Svestiti, breve storia della biancheria» (fino al 12/3/17) a cura di Edwina Ehrman; una mostra su origine, gusti, curiosità, con l’occhio a innovazione tecnologica e lusso, ma anche alla natura di tentazione, dal terrificante busto-armatura marrone delle operaie inglesi nel ’700 ai pizzi rosa di Stella McCartney.

La questione bustino
Nelle severe sale si assiste a una bizzarra sfilata di corsetti, crinoline, mutande, boxer, reggiseni, calze, pigiami, camice da notte, ricchi di foto, riviste, pubblicità, inclusi i mutandoni della madre della Regina Vittoria e la calzamaglia Anni 60 di Mary Quant. Stupiscono le mutande unisex in carta da viaggio di Chukka 1969 o il vestito d’oro trasparente di Liza Bruce disegnato per Kate Moss nel 1993; meravigliano i leggings color carne con foglia di fico a specchio di Vivienne Westwood 1989. Via via si scopre che nell’800 ci fu un acceso dibattito sul bustino, medici e riformatori lo sconsigliavano, ma le donne seguitavano a stringere, poche lo ritenevano innaturale. Come peraltro dimostra un corpetto in cotone, dalle stecche di balena che garantivano un girovita di 48 cm: i raggi X ne denunciavano i rischi, mentre venivano spacciati per salutari. Ma già nel 1895 compare il bustino a poche stecche e nel nuovo cotone cellulare di aertex. Ce n’è fin uno di carta confezionato durante la Grande Guerra, forse austriaco, a fianco impera quello per dimagrire durante lo sport, caro a Kim Kardashian. Pure i dandy dell’800 li usavano, una stampa del 1819 li deride, ma già sportivi e militari indossavano fasce per i muscoli. 

Il 900 registra il trionfo del reggiseno per muoversi meglio e sembrare rispettabili; se ne ammira un esemplare in pizzo del 1910, poi guaine e panciere testimoniano l’ascesa dal corsetto in latex Anni 30 di Charnaux al Playtex in gomma dei ’50, fino ai modelli 2010 di Spanks; negli Anni 60 le femministe lo contestano come strumento maschile di sottomissione. Oggi, insieme a calze e giarrettiere, è ritenuto arma di seduzione. Fioriscono gli indumenti femminili in tessuti provocanti per giorno e notte, simbolo di creatività nel lusso. Quanto alle calze, erano identiche per uomo e donna nel 1700, tranne per misura, in cotone, lino, seta, magari con disegni e frasi ricamate sopra, si legavano con i reggicalze sopra o sotto il ginocchio, se ne scorgono esempi rari: quelle nere di seta a fiori di Alessandra, moglie di re Edoardo VII, il paio concepito per l’Expo di Parigi del 1900, l’esemplare in nylon di Schiaparelli del 1953. 

Trucchi
Da metà 800 la biancheria funzionale, per sport o l’allattamento, è in cotone, come il bustino da ciclista 1900, poi svaria dalla seta artificiale del 1920, fino alle ironiche mutandine del 2015 con i giorni della settimana. Inevitabili gli indumenti per migliorare l’aspetto. Gli slip maschili di AusBum del 2015 aumentano i genitali, mentre la donna dal 1990 reclama i «push up», immagini tridimensionali illustrano cerchi, crinoline, busti del Settecento. Poco a poco si verifica lo scambio fra sopra e sotto, esterno e interno con ruoli diversi, i pigiami catturano le eleganze da sera, le vestaglie maschili diventano smoking, negli Anni 70 si scopre il kaftano da casa, oggi prosperano le tute di Baroque e ormai la «tuta» fa parte della vita quotidiana. 

La biancheria era bianca e indossata a pelle, calda, lavabile, includeva le camice da uomo, perciò venivano nascoste, verso il 1850 interviene il colore. Oggi è trendy il mix di genere, nudo e trasparenze, per sedurre o esprimere desideri; una sfida per i designers, a colpi di pizzi e colori; ma il provocante corsetto di seta rosa risale al 1890 e il sofisticato completo al 1930, invece Agent Provocateur disegna nel 2014 le sue forme azzardate, come recente è il negligé di Karin Wilson indossato in Skyfall da Berenice Marlohe. Alla fine la corona va ai maestri di trasparenze: Gaultier, Alexander McQueen, i nostri siciliani Dolce Gabbana per le crinoline e Berardi con l’abito guêpière a trompe l’oeil per il tappeto rosso di Gwyneth Paltrow. Mentre avanzano i movimenti «no biancheria» contro gli stereotipi.