Corriere della Sera, 18 aprile 2016
Leonardo Fioravanti, imbattibile nel riconoscere l’onda giusta
La pressione ha imparato a sentirla così presto che, quando si è trovato a competere con il suo mito, è riuscito a non pensarci: «Sarebbe stata un’esperienza indimenticabile anche se avessi perso». E invece Leonardo Fioravanti, chiamato a sostituire l’infortunato Jack Freestone nella tappa australiana della World Surf League, a Margaret River ha battuto l’undici volte campione del mondo Kelly Slater. Come si è preparato alla sfida? «Sapevo di non avere niente da perdere – racconta Fioravanti, 18 anni, romano di Cerveteri ma cittadino del mondo —. Ho gareggiato al massimo delle mie possibilità ed è stato divertente». A riguardare il filmato, però, è palese che mentre Slater fatica a chiudere l’onda, lui non sbaglia un colpo. Consapevole, Leo, che in certi casi la tattica vale più dello spettacolo. Qual è stata la reazione del suo avversario? «Si è complimentato, ma si vedeva che era dispiaciuto... Si è fatto male a un piede, è stato sfortunato: anche se sta invecchiando (Slater ha 44 anni, ndr ) rimane una leggenda».
I media, non solo quelli di settore, l’hanno definita un’impresa storica: come ci è riuscito? «Con manovre potenti e veloci». Da cosa si riconosce l’onda giusta? «Ogni cinque, sei minuti rompe nello stesso punto, ma durante una gara è più difficile: è molto sfruttata e aumentano le variazioni. Bisogna saper aspettare». E quella che l’ha emozionata di più? «L’onda che non ho ancora surfato, ma spero di trovarla alle Figi». Uscito dal contest ai quarti di finale – dopo aver battuto anche un altro mostro sacro, il campione del mondo in carica Adriano de Sousa – Fioravanti continuerà ad allenarsi per difendere il primo posto nella Qualifying series. Sulla tavola da quando aveva sette anni – a trasmettergli la passione è stato il fratello Matteo – Leo dedica al surf fino a otto ore al giorno. La sera, prima di addormentarsi, 30 minuti di stretching. A febbraio dell’anno scorso si è infortunato alla schiena durante una gara alle Hawaii: ha temuto che la sua carriera fosse finita? «Quando ho saputo che mi sarei dovuto operare ho pianto, ma il pensiero di smettere non mi ha neppure sfiorato». Per tornare al cento per cento – al netto di quattro viti e due placche rimosse con un secondo intervento – ci sono voluti sei mesi di riabilitazione, otto ore al giorno. «Ho ricominciato con la tavola grande – ricorda – finché non ho ripreso confidenza con la short».
Di base a Hossegor, in Francia, per partecipare alle gare si sposta in luoghi sempre diversi: «È come avere migliaia di amici e famiglie a ogni angolo del globo». Cosmopolita e poliglotta: oltre all’italiano, parla inglese, spagnolo, francese e portoghese. Si prepara alla maturità linguistica online e comunica con i docenti tramite Skype. E le ragazze, una in ogni spot? «Ho molte corteggiatrici – confessa – ma non ho tempo, sono troppo impegnato con il surf». Come si immagina tra trent’anni? «Spero di aver conquistato qualche titolo, di avere una bella famiglia e case in giro per il mondo». La moda si è accorta delle sue potenzialità non solo sportive: le piacerebbe sfilare? «Ho posato per delle campagne fotografiche, ma in passerella non sarei a mio agio».