Corriere della Sera, 18 aprile 2016
Più sale, più zucchero e poi l’assaggio in una cabina pressurizzata. Come lavorano gli chef che preparano i pasti da servire in aereo
Singapore Su questo volo serale Singapore-Milano Malpensa viaggiano in 264. In Prima classe (4 sedili) ogni passeggero ha scelto un pasto base diverso: religioso, etnico, vegetariano, occidentale. In Business (48 viaggiatori) si sono divisi tra la carne (di manzo) e il pesce. In Economy (212) c’è un po’ di tutto: dalle pietanze a basso contenuto di sodio a quelle con sola verdura cruda, passando per i piatti senza lattosio e quelli thailandesi. Ce n’è anche uno – il cui nome è stato trasformato in un codice numerico per motivi di privacy – che di fianco ha la scritta «Birthday»: quando il Boeing 777-300ER solcherà i cieli indiani sarà il suo compleanno. E allora via con il cibo speciale, torta compresa. Tutta la cucina del mondo in 74 metri di acciaio e cavi. «Però prima di finire nei vassoi ogni alimento deve superare diversi test», spiega Maureen Soh, mentre cammina a passo svelto tra i corridoi e le cucine dello stabilimento numero 1 di Sats, una delle più grandi società di catering per gli aerei, con base a pochi metri dalle piste del Changi Airport di Singapore e una sessantina di vettori tra i clienti. «Nelle nostre due strutture prepariamo 28 menu diversi, compresi quelli celebrativi», continua Maureen. Ogni giorno da qui escono tra gli 80 e i 100 mila pasti al giorno. Una ventina di cuochi e decine di assistenti si muovono tra fornelli e celle frigorifere, controllano la qualità e la freschezza dei prodotti che dovranno essere cucinati e poi imbarcati, riscaldati e serviti.
Nel 2015 sono stati preparati in tutto il mondo 1,5 miliardi di vassoi per i viaggiatori. Ogni ventiquattro ore a 35 mila piedi di quota vengono consumati 4,1 milioni di assortimenti (primo, secondo, dolce), in grado di «sfamare» per un pasto le due più grandi città d’Italia, Roma e Milano. «E più passa il tempo più i nostri clienti diventano esigenti», sorride l’addetta di Sats.
La sfida a ingaggiare gli chef stellati e a offrire a bordo il maggior numero di prodotti di alta fascia è sempre più dura tra chi si occupa di preparare quello che mangiamo in volo come Servair, Lsg Sky Chefs, Gate Gourmet, Newrest, Dnata e, appunto, Sats. Per dire: Singapore Airlines spende ogni anno in Dom Pérignon e Krug Grande Cuvée 20 milioni di euro. «Mentre noi di Lufthansa siamo i principali compratori di caviale nel mondo: il 5% finisce nella nostra Prima classe», calcola Carsten Spohr, amministratore delegato del vettore tedesco.
«Dietro a quel pasto consumato in aereo c’è una rete complessa di fornitori, aziende e test in laboratorio», racconta Muammer Kilic, chef turco di 26 anni che si è specializzato in Ohio, negli Usa, in un ristorante italiano, e che da alcuni mesi cucina per le rotte intercontinentali sull’asse Istanbul-Stati Uniti. «Una volta a 35 mila piedi il gusto e l’olfatto sono stravolti, le nostre papille gustative sono quasi anestetizzate», dice. Un esempio? «Il sale e lo zucchero, lassù, li sentiamo molto meno. Per questo dobbiamo aggiungerne un 20-30% più della media “terrestre”». È uno dei problemi di chi prepara le ricette. Perché, al contrario del dolce e del salato, i gusti aspro, amaro e piccante non subiscono variazioni nella nostra percezione tra le nuvole. Così come il succo di pomodoro.
Motivo per cui quando gli chef preparano le ricette poi le assaggiano in una speciale cabina pressurizzata che simula le condizioni di un volo a 35 mila piedi. Cabina che, qui alla Sats, somiglia più a un sottomarino. «È un passaggio obbligato – sottolinea Maureen Soh —: è l’unico modo per capire quale sarà il vero sapore».
Una volta che la ricetta è quella desiderata viene scritta in un documento con le indicazioni precise per chi la deve preparare in serie nelle cucine industriali: la quantità richiesta di carne o di pesce, di riso e di verdura, il tipo di vegetali, il contorno. In alcuni casi conta persino il numero di pomodori e cetrioli. In genere per ogni volo vengono consegnati una decina di fogli con l’ammontare (e il tipo di menu) delle pietanze da servire. Queste vengono confezionate e tenute in celle frigorifere. Quindi si uniscono le posate e si carica il cibo su piccoli container per il trasporto a bordo dove, una volta in quota, sarà riscaldato e servito ai passeggeri.