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 2016  aprile 15 Venerdì calendario

Rivalutare l’intero mercato dei crediti deteriorati, ecco la sfida di Atlante

È possibile rivalutare l’intero mercato dei crediti deteriorati con l’operazione Atlante? Questo è l’auspicio del Tesoro e delle banche: la speranza è infatti che il fondo di sistema, acquistando i crediti in sofferenza dalle banche al loro valore di bilancio (in media il 44% del valore nominale) e non al prezzo oggi richiesto dai fondi “avvoltoio” (20%), sposti il prezzo di questi crediti verso l’alto. Se questa rivalutazione avvenisse, a trarne beneficio sarebbero tutte le banche. Ma è davvero possibile?
Sul mercato, nonostante il plauso generale per l’operazione, i dubbi restano: sarà infatti complicato convincere gli investitori che il valore “giusto” di un credito in sofferenza sia 44% e non 20%. Il prezzo di un credito deteriorato, quando viene venduto da una banca, è infatti determinato da tre variabili: il recupero atteso del credito stesso, il tempo necessario per recuperarlo e il costo da sopportare (avvocati, perizie ecc). Ebbene: sono le ultime due variabili ad abbassare il prezzo di mercato. Supponiamo infatti che sia corretta la valutazione che attualmente le banche danno ai loro crediti in sofferenza: su 100 euro erogati, stimano in bilancio che ne verranno recuperati 44. Il tasso di recupero è dunque al 44%.
Ma gli investitori tradizionali non comprano al 44%: a questo tolgono innanzitutto il valore del tempo (che date le procedure lunghe italiane è elevato). Secondo le stime degli operatori specializzati, già questo abbassa il prezzo del credito da 44 a 37. Poi tolgono i costi (elevati) connessi nell’attività di recupero. Così il valore – calcolano gli addetti ai lavori – scende a 20. Bene inteso: questo non è il prezzo giusto, ma è il prezzo a cui gli investitori sono disposti a comprare crediti considerando i costi, i tempi e i ritorni (a due cifre) che attendono da questa attività.
Torniamo dunque alla domanda iniziale: potrà Atlante convincerli a pagare di più? Affinché accada, gli investitori dovrebbero accontentarsi di guadagni più bassi (il che sarebbe auspicabile), ma l’Italia dovrebbe in cambio offrire loro costi legali più bassi e tempi molto più brevi. Questa è la vera sfida, su cui il Governo sta già intervenendo. Se sarà vinta, il mercato potrà davvero «riprezzarsi». Qualcuno sostiene che già le offerte si stiano leggermente rialzando. La speranza è che sia così. Altrimenti più che un mercato, rischia di restare un monopolio.