il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2016
Monnezza capitale ovvero fare la raccolta differenziata a Roma
Erano belli, allineati lì al piano terra. Ordinati, robusti, di un bel verde bosco. Con le scritte in bianco nitido: Vetro, Plastica, Carta, Metalli. Come mascotte il cestello per l’organico, very urban and trendy. Europeissimi, i nuovi sacchetti Ama per la raccolta differenziata; avrebbero fatto di ogni condominio romano, da Centocelle alla Borgata Finocchio, un piccolo enclave di Svizzera, ordinato, progressive e ad alto tasso di civiltà. Grazie ai sacchetti verdi belli, assemblabili orizzontalmente fino a comporre uno schieramento di sacchetti verdi belli, Roma si allineava alle grandi capitali europee. I cuori dei cittadini esultarono. Ma allora perché i sacchetti verdi belli finirono a farci la casetta del gatto o il vaso per l’ibiscus di zia, “ce va un sacco de tera”, o semplicemente ripiegati sotto l’acquaio per essere riesumati con stupore in un futuro trasloco (“Anvedi, te li ricordi i sacchetti dell’Ama?”).
Andiamo con ordine. Appena portati in casa, quattro per appartamento più il cestello smarty, fu chiaro che i sacchetti verdi occupavano come un trumeau, specie se assemblati orizzontalmente, il che nei bicamere e cucina non aiutava. Fu poi chiaro che la “Raccolta differenziata a casa tua”, questo il titolo del libretto esplicativo spesso quanto quello di un’opera di Verdi, era la stessa raccolta differenziata a casa loro che la ggente faceva prima, solo che adesso il sacchetto non lo potevi buttare insieme al contenuto ma lo dovevi svuotare carta per carta, bottiglia per bottiglia, lattina per lattina. Molti risolsero mettendo i rifiuti nel solito sacchetto del supermercato e poi mettendo il sacchetto tradizionale nel sacchetto Ama, tipo Matrioska, così non dovevano estrarre pezzo per pezzo. In sostanza grazie all’Ama raddoppiarono i sacchetti. Ma almeno non si vedeva la scritta “Abbacchi e polli Fratelli Stancaroni”, provinciale, indegna di una capitale europea, forse l’intento era garantire decoro estetico a chi annava a buttà. Ma soprattutto i romani si posero la Madre di Tutte le Domande: “Che cazzo ce dovemo fa’ coi sacchetti verdi belli, se pe’ strada non ce stanno più li cassonetti?”. E sì perché nel contempo, in un afflato di modernizzazione-civilizzazione-europeizzazione, furono tolti metà dei cassonetti tradizionali (all’altra metà coatti e rumeni ubbriachi je davano festosamente foco) per fare posto ai nuovi trendissimi, coloratissimi cassonetti Ama differenziati da tenere nei cortili dei condomìni, che però non si videro mai. Né si videro quelli che nei cortili dei condomìni ci dovevano venire due volte a settimana per svuotarli, col risultato che il cortile puzzava come una fossa comune prima della calce. Nessuno si chiese mai quanto costasse la faccenda al contribuente capitolino. La risposta sarebbe stata troppo dolorosa anche per il più coriaceo degli eredi dei legionari di Cesare.