ItaliaOggi, 15 aprile 2016
La cosa seria da fare era abolire il Senato. Invece è stato inventato un Palazzo dove mandare la politica peggiore, quella regionale
Una curiosità. Nell’arco di una settimana terrò tre conferenze, domani a Verona, poi in Sardegna, quindi a Roma, in tre tipi di realtà molto diverse: un’organizzazioni cattolica, un resort boutique, una grande multinazionale della consulenza. Il tema, identico: la leadership. All’inizio di maggio, ne terrò un’altra a Torino, in un club di persone mature, stesso tema. (Nota: le mie conferenze sono o a titolo gratuito, o se retribuite, il compenso va in beneficenza). Mi sono chiesto, come deve essere interpretato questo forte bisogno di ragionare di leadership? Oltretutto, oggi al potere delle grandi organizzazioni umane (pubbliche e private) non ci sono leader (due eccezioni, Bergoglio e Putin), ma dei superburocrati, curiose sciacquette in genere di sesso maschile che si agitano e parlano molto, combinano poco. Un leader fa l’opposto, parla poco, realizza il giusto, con una ferma vision di lungo termine.
Non ho trovato alcuna spiegazione razionale. Il modello politico-economico-organizzativo che è stato messo a punto in questi ultimi vent’anni dall’Occidente, che si è radicalizzato dopo il 2008 (esplosione della Grande Crisi), essendo burocratico, richiede, nelle posizioni apicali, dei burocrati, anzi il meglio della burocrazia, i superburocrati, appunto. Tali sono, istituzionalmente, i Draghi, Juncker & Soci, e antropologicamente, tutti i Premier europei, in primis Merkel (fu «assistant to» di un leader vero, Kohl, e tale è rimasta).
Per cercare di spiegare la differenza fra «superburocrate» e «leader» nell’approcciare un problema complesso, utilizzo un tema dirimente, l’immigrazione. Un leader vero, molti anni fa avrebbe dovuto intuire che l’immigrazione, per un insieme di motivazioni oggettive e di segnali deboli già allora disponibili, avrebbe raggiunto dimensioni epocali, quindi lui si sarebbe dovuto attivare per indicare una politica di lungo periodo alla quale attenersi. Questa doveva basarsi su due plinti:
1. Rispetto totale delle leggi internazionali di accoglienza dei rifugiati in fuga da zone di guerra.
2. Per gli immigrati economici ogni paese europeo si sarebbe dovuto regolare secondo necessità, procedendo, se del caso, ai respingimenti.
Essendo superburocrati, terrorizzati di non venir rieletti, trovarono comodo far confusione fra rifugiati e immigrati economici, affrontarono un problema drammatico secondo le categorie del politicamente corretto, fu un disastro. Dopo anni di non politica, terrorizzati dalle dimensioni assunte dal fenomeno, ora applicano un istituto che avevano disatteso, i respingimenti. Essendo però dei burocrati lo fanno in modo indiretto, l’operazione viene data in outsourging a uno stato politicamente canaglia, si alzano muri, il consumo di filo spinato è schizzato alle stelle. Se al potere ci fossero stati dei leader, ciò non sarebbe successo.
Quale la differenza più evidente fra un superburocrate e un leader? Il primo dice spesso Sì, per timore di non essere rieletto o cooptato, il secondo dice spesso No, guardandoti negli occhi, senza arroganza (mitico il celebre No-No-No della signora Thatcher di fronte ai superburocrati europei). Lo confesso, malgrado l’età, prima di fare queste conferenze entro in crisi, mi chiedo «starò mica vendendo un prodotto scaduto»? Al termine mi ringalluzzisco, dalle domande che mi fanno, specie i giovani, capisco che il bisogno di leadership è alto, soprattutto è in crescita, un bel segnale. L’aspetto magico è che tutti nasciamo leader, in genere tutti abbiamo una leadership, spesso mite, la più pregiata, il fatto è che non la coltiviamo, perché coltivarla presuppone valori morali, costa fatica, impegno, rinunce.
Prendiamo il caso (eclatante) del nostro Senato. Bisognava prendere atto che un’epoca era finita, una sola Camera era il futuro. Se gli attuali senatori, 315, avessero avuto la dignità tipica dei leader, avrebbero dovuto fare loro, tutti insieme, una proposta per lo scioglimento secco del Senato, costringere il Governo a chiuderlo per sempre, senza se, senza ma. Invece è uscita questa oscenità senza senso, un palazzo ove sarà concentrato il peggio del territorio, il peggio della burocrazia serva.
Una curiosità, il prossimo Senato mi ricorda un luogo affascinante, l’Hospices de Beaune in Borgogna.