il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2016
Nella periferia di Roma con Guido Bertolaso, tra centri anziani, campi rom e «diavolesse»
Il viaggio alla scoperta delle periferie parte dai Parioli e arriva fino alla famigerata Tor Sapienza. Guido Bertolaso riempie il trolley come per andare in vacanza. Dal quartiere bene di Roma, in taxi, fino alla stazione Termini. Poi sale sul tram, timbra il biglietto, foto di rito e via, lungo i palazzoni della Prenestina fino al quartiere simbolo delle suburbia della Capitale. Al candidato sindaco di Forza Italia bisogna riconoscere una certa tenacia. Silurato da Matteo Salvini, abbandonato da Giorgia Meloni, sfidato da Alfio Marchini, oltraggiato dai sondaggi (che lo danno all’8%). Ora forse anche minacciato da Rosy Bindi, che secondo Repubblica lo iscriverà nella lista degli “impresentabili” dell’Antimafia, a causa dei suoi guai giudiziari (è imputato nel processo sugli appalti del G8 alla Maddalena e rinviato a giudizio nell’inchiesta Grandi rischi bis sul terremoto dell’Aquila). Lui non si scoraggia e ancora non si ritira. L’operazione rilancio è affidata a un’intensa due giorni a Roma est, iniziata mercoledì mattina. Per conoscere davvero i problemi della zona, Bertolaso vuole restare a dormire lontano da casa. A Centocelle. La prenotazione è in via dei Glicini, “Affittacamere No Stress”: stanze colorate e confortevoli da 60 euro a notte, colazione inclusa e area benessere fino alle 22.30.
Non c’è tempo: nel primo pomeriggio l’ex capo della Protezione civile si inerpica per la salita che porta al cuore di cemento di Tor Sapienza. È in una Bmw grigia, accompagnato dal vicepresidente di municipio Claudio Giuliani. Ore 14, l’appuntamento è al centro anziani di via Morandi, la strada dove un anno e mezzo fa esplose la rivolta contro una struttura d’accoglienza piena di minori stranieri.
A fare gli onori di casa c’è Sergio, omone in tuta grigia che quegli scontri sembra ricordarli con un filo di malinconia: “A casa nostra bisogna avere rispetto. Siamo andati sotto al centro e loro c’hanno tirato di tutto, noi al massimo gli abbiamo rimandato qualche sasso. Quei giorni c’erano telecamere ovunque, venne pure Marino, poi la passerella è finita”. Bertolaso mastica una gomma, è empatico, annuisce e sorride. Promette impegno: “Resto qui a dormire, io”. Sergio non è proprio un campione di tolleranza: “I rom ce l’abbiamo ovunque, se ne stanno nascosti, poi col bel tempo vengono fuori”. Come i funghi. Bertolaso annuisce ancora, sorride sempre. Dopo un po’ parte il corteo: una ventina di persone scorta “il futuro sindaco di Roma” tra i complessi dell’Ater e i parchetti abbandonati alle erbacce. Si torna al centro anziani per i saluti: c’è l’omaggio al corpo di ballo, un gruppetto di signore – capelli tinti ed entusiasmo verace – che si fanno chiamare “le diavolesse”. Guido rifiuta garbatamente l’invito alla danza, ma rilascia una sorridente intervista alla tv locale “Tele In Music – Canale 691”.
Stringe mani e macina chilometri: prima lo stabile occupato sulla Collatina, che quest’inverno ha preso fuoco e ora è ridotto a una discarica abusiva, poi la visita al mega complesso abbandonato e fatiscente di via Cesare Tallone, infine il campo rom di via Salviati. “Entriamo o lo guardiamo da fuori?”, gli chiedono dallo staff. “Entriamo! – risponde lui, poi sorride – Dite che ce menano?”.
Non c’è pericolo: gli inquilini delle baracche sono abituati alle visite di politici e giornalisti: “Fanno foto come se fossero allo zoo”, dice uno dei “capi” del campo. Bertolaso gira a lungo, è curioso, vuole vedere i bagni, ne approfitta per fare pipì. “Qui sono venuti tutti – gli dice il capo – pure Marchini e Salvini. Manca solo la Meloni”. Bertolaso tira fuori l’orologio dalla manica: “Figurati. Dalle cinque minuti e vedi che arriva pure lei”.
Poi si torna a Centocelle. Una doccia e si va a Matrix: il tour delle periferie è spezzato da un’ospitata da Luca Telese. È una parentesi: di notte, lo aspetta un altro giro, scortato, nelle vie delle lucciole; il giorno dopo c’è il centro anziani di Tor Bella Monaca e dopo ancora Tor Vergata. L’aspetta nonno Arsenio, 109 anni.
Prima di ripartire c’è tempo per una domanda: Bertolaso, lei è stato uno degli uomini più potenti d’Italia, ha gestito fiumi di denaro, era più popolare di Berlusconi quando Berlusconi era all’apice; ma chi glielo fa fare, oggi, di dare retta a Sergio e alle “diavolesse”, di pigliarsi gli sberleffi di Salvini, di dormire al “No Stress” per quattro voti, in questa città che sprofonda? “Sono l’unico che ce la può fare”. Servirà un trolley pesante, buona fortuna.