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 2016  aprile 15 Venerdì calendario

Confessioni di Dybala, il campione che quando si guarda allo specchio vede ancora un ragazzino (che gioca con i Lego)

Paulo Dybala, è pronto per rientrare nella volata scudetto contro il «suo» Palermo?
«Sì, ieri ho fatto tutto l’allenamento con la squadra. Sono andato al 100% e non ho avuto problemi».
Con 6 punti di vantaggio sembra impossibile perdere il campionato. Le pare?
«Lo penso anch’io. Sarebbe incredibile. Tutti ci davano per morti, ma il modo in cui siamo risaliti e la voglia di questa squadra in ogni allenamento fanno capire che questo scudetto deve essere nostro».
I quarti di Champions aumentano i vostri rimpianti?
«Quando ho visto che il Barcellona è uscito mi girava la testa, perché con più fortuna questa poteva essere la Champions della Juve. Adesso spero che vinca il Bayern, così almeno siamo usciti con i vincitori».
Messi cosa rappresenta per lei?
«È il mio idolo: lui fa cose che nessuno altro può fare».
Un campione da portare alla Juve?
«Visto che Ronaldinho non gioca più, vorrei Messi».
Allegri dice che lei negli occhi ha l’istinto killer. Lei allo specchio cosa vede?
«Vedo ancora un ragazzino, che però quando entra in campo si trasforma. Anche negli allenamenti, sono concentrato, cerco sempre di migliorarmi, di crescere, imparare».
A scuola come se la cavava?
«A casa la prima cosa che mi chiedevano era proprio la scuola. E se a 17 anni ero già professionista, non ho perso mai un anno».
Nei suoi primi mesi juventini ha mai avuto dubbi?
«No, a Palermo era successa la stessa cosa, ma io sapevo che la mia scelta era quella giusta. C’è stato un grande lavoro, per migliorarmi fisicamente e mentalmente. Passare dalla lotta per la salvezza alla Juve non è facile: qui non puoi neanche pensare di pareggiare un partita... Per fortuna ho imparato in fretta».
Ha cambiato anche posizione in campo.
«Sì a Palermo ero una prima punta, anche se strana. Qui ho più libertà e mi trovo bene in qualsiasi posizione, anche perché ho compagni con più fisicità che mi creano gli spazi».
Cosa è la pressione per lei?
«Ce l’ho sempre avuta, il mio cartellino è sempre stato pagato molto. Sono contento che adesso non si parli più del fatto che sono costato 40 milioni: i soldi non vanno in campo».
Che margini di miglioramento ha?
«Sicuramente posso dare ancora di più. A 22 anni non ho l’esperienza di un giocatore come Tevez. Giocare qui, in Europa e in Nazionale mi aiuterà a farmela».
È molto autocritico?
«Sì, perché se ti accontenti non cresci. E nel calcio per me non c’è un limite».
Ce la fa in 7 partite a superare i 21 gol del primo anno di Tevez a Torino?
«Ne mancano 3 e sarei molto contento di superarlo: sarebbe bello per me e per la squadra, perché sarebbero gol importanti».
Suo padre che lavoro faceva?
«Aveva una ricevitoria. È morto quando avevo 15 anni. Mi portava alle partite, agli allenamenti. Voleva che uno dei suoi figli diventasse calciatore: mi diceva di non abbassare mai la testa e di lottare per quello che voglio».
È dovuto crescere in fretta?
«Sì, a 15 anni già abitavo nella “pension” dell’Istituto di Cordoba, mi pulivo la stanza, ero lontano da casa. Poi sono venuto da voi a 18 anni. Dell’Italia conoscevo poco, ma a Palermo mi hanno fatto sentire uno di loro».
La Juve senza di lei ha vinto 3 partite. Anche il Napoli senza Higuain ce la può fare?
«Gabbiadini mi piace e ha subito fatto bene. Ma Higuain è un giocatore molto importante. Rispetto a me è più un leader. Io sono al primo anno alla Juve. E qui vince il gruppo».
Chi l’ha sorpresa di più?
«Buffon in allenamento è incredibile: non so se c’è un portiere più forte al mondo. E aiuta tantissimo noi giovani. La serie di 22 partite è merito soprattutto dei più vecchi».
Su Instagram ha messo una foto dei soldati argentini alle Malvinas. Come mai?
«Il 2 aprile è l’anniversario dei caduti. Ragazzi come me. Sono fatti che mi colpiscono».
Il gol di mano di Maradona agli inglesi quindi lo rifarebbe, anche se fu scorretto?
«Non so se chiamarlo scorretto. Allora anche il rigore per la Germania nella finale di Italia 90 non dovevano fischiarlo. Il calcio è così: se uno si butta e l’arbitro fischia è merito del giocatore. Maradona è stato più furbo dei 50 mila che erano allo stadio».
A proposito di numeri 10: se Pogba parte, lei se lo prende?
«Spero che Paul resti tanti anni. Detto questo, anche il 21 di Zidane e Pirlo vale come un 10. Non ho problemi a prendermi responsabilità, ma magari arriva uno più forte e se lo prende lui».
Pogba dice che Ronaldo in Italia non farebbe 60 gol. Qui è più difficile?
«Un po’ sono d’accordo. Magari il calcio italiano non è il più bello da vedere, ma è il più difficile in cui giocare perché è molto tattico».
Coppa America e Olimpiade. Tutto non si può fare. O no?
«A me piacerebbe fare tutto, ma il mio corpo mi chiederà delle vacanze e non mi voglio trovare stanco morto a dicembre. Argentina e Juve parleranno: una la vorrei giocare».
Che altri sport ama?
«Molti, ma dico il tennis: lì dipendi solo da te stesso».
È vero che è un campioncino di biliardo?
«Mi piace giocare e se Allegri vuole sfidarmi lo invito a casa mia. A basket mi ha fatto fare il raccattapalle...».
Il gol più bello con la Juve?
«Quello a giro, contro il Sassuolo: un colpo da biliardo. Ma il più importante resta il primo, a Shanghai, perché mi ha dato grande fiducia».
Antonella come l’ha conquistata?
«Ci siamo conosciuti 5 anni fa su Facebook, ero ancora in Argentina. Abbiamo parlato tanto e un giorno abbiamo deciso di conoscerci. Sta con me, mia madre e i miei amici qui a Torino: ho la casa grande...».
Come si resiste alle tentazioni?
«Ci metti tanto a costruire le cose e magari con una cavolata distruggi tutto: non si può».
La sua ultima passione?
«Il Lego: ho cominciato l’anno scorso a Palermo e mi piace tantissimo. Antonella compra le scatole e mi aiuta. Io mi rilasso, penso ad altro. E pezzo dopo pezzo costruisco qualcosa di bello: proprio come nel lavoro».