la Repubblica, 15 aprile 2016
Hamilton, tutto fiero di spassarsela lontano dalle piste
Un giornalista brasiliano, una volta, diede di lui una definizione molto brillante: «È troppo impegnato a fingere di essere qualcun altro, per potersi rendere conto di essere Lewis Hamilton». Erano i tempi della crisi mistica, delle croci tatuate sul petto e degli incidenti isterici in pista (contro Massa). Oggi Hamilton è molto più tranquillo. Di tanto in tanto finge ancora di essere qualcun altro (in questa occasione, l’atleta che ama arte e cultura) ma ha trovato senz’altro un suo centro di gravità che gli permette di non scomporsi troppo dopo un avvio di stagione non all’altezza. Un secondo posto, un terzo e una penalità – 5 posizioni in griglia – rimediata per la gara di Shanghai. Il tutto mentre il compagno di squadra vola in vetta alla classifica.
Hamilton, se lo aspettava?
«Non mi aspettavo niente. Cominciare la stagione è come aspettare che qualcuno tiri una palla. Non devi pensare che la palla arriverà a te, ma devi andare a prenderla ovunque essa sia».
Se lei dovesse perdere il mondiale, preferirebbe che vincesse Rosberg o Vettel?
«Che io perda è un’opzione che non esiste».
Domenica, però, partirà con la penalità.
«Sì sarà un week end facile per Rosberg… Per me invece sarà come quando ero ragazzino… siccome non potevo permettermi un kart veloce mi toccava sempre partire dal fondo e poi risalivo. Così farò anche domenica».
Le piace questa F1? È quella che sognava a quei tempi?
«No, non lo è. L’altro giorno ho visto Rush, le sfide tra Hunt e Lauda. Quelle sì. Da ragazzino amavo Senna: oggi guido una versione molto moderna di quelle monoposto. Ma quando vedo Rush, ecco, quelle sono le macchine che sognavo: le ruote grandissime, il cambio manuale che lasciava le piaghe sui palmi, le gare che cambiavano ad ogni giro. Fantastico».
In molti l’hanno paragonata a Hunt, come stile di vita. Ci si ritrova?
«Ma no. Non c’è nessuno come lui, così come non c’è nessuno come Stewart, Lauda o Alonso. Siamo tutti unici».
Lei è la sola star di questa F1 senza personaggi. Come se lo spiega?
«Non ho una risposta. Forse ognuno di noi è una star a modo suo. A me piace divertirmi e so di avere delle opportunità straordinarie per farlo. Penso sia bello divertirsi, sbagliare, imparare dagli errori, spendere, risparmiare, andare al cinema, allenarsi duramente, uscire con una ragazza. Cerco di fare tutto e di trovare un equilibrio. Sono convinto che i miei colleghi fanno lo stesso a modo loro».
Ha molti hobby. L’anno scorso la musica. Quest’anno l’arte.
«La musica la faccio da parecchio, fin dai tempi della McLaren, ma non potevo raccontarlo perché veniva considerata una distrazione. Ora che ho vinto posso dirlo. Non è vero che si può essere solo questo o quello. Puoi avere tutti gli hobby che vuoi, fa solo bene. A me piacciono la musica, gli altri sport e l’arte. Ho comprato il mio primo pezzo 5 anni fa: un quadro di Salvador Dalì, il mio preferito».
Che cosa rappresenta?
«Oh Gesù, non ricordo».
Eh?
«L’ho messo da parte e non lo vedo da tre anni. Era piccolo».
Meglio tornare allo sport. Quanto pensa di restare in F1?
«Ho tre anni di contratto, magari firmerò ancora per altri 3 o 4. E poi via. L’obiettivo come per ogni atleta è quello di ritirarsi al top. Valentino, ad esempio, ne ha ancora, immagino che voglia vincere e poi lasciare. Ma io non so se voglio fare come lui. La verità è che capire quando è il momento di dire basta è la cosa più difficile».