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 2016  aprile 15 Venerdì calendario

Com’è la nuova Tate Modern di Londra. Il più grande museo d’arte moderna del mondo sta per diventare ancora più grande

Il più grande museo di arte moderna del mondo sta per diventare ancora più grande e ancora più moderno. A sedici anni dalla sua fondazione, la Tate Modern si rinnova radicalmente: con una nuova ala che aumenta del 60 per cento lo spazio, una seconda piazza aperta verso la città a sud del Tamigi, nuove acquisizioni, più artisti donne, più artisti internazionali, più innovazioni digitali, più show dal vivo e più esperienze interattive. «La nuova Tate Modern trasformerà Londra come e più di quanto ha fatto quando abbiamo aperto sedici anni fa», dice Nicholas Serota, direttore “supremo” della Tate (ovvero anche di Tate Britain, Tate Liverpool e Tate St. Ives). «Esploreremo in modo nuovo ed eccitante cosa significa arte moderna», afferma al suo fianco Frances Morris, direttrice della Tate Modern, prima donna a ricoprire l’incarico. La novità sulla South Bank, come la chiamano qui, ossia sulla riva meridionale del fiume che attraversa la capitale, si vede da lontano: un’immensa piramide, come un’astronave fantascientifica appiccicata all’ex-centrale elettrica che costituiva il museo originale. Quasi un’eco della celebre e a suo tempo controversa piramide davanti al Louvre parigino, solo che questa, firmata dagli architetti Herzog & de Meuron, è un po’ sghemba, irregolare come si conviene a un’opera d’arte moderna, fatta di mattoni anziché di vetro, e non è vuota: ospita gallerie, installazioni, teatri, caffè, aree ricreative. «Il più importante nuovo edificio culturale eretto in Gran Bretagna negli ultimi vent’anni», lo definisce senza mezzi termini Serota.
Quando aprì nel 2000, a metà strada fra la ruota panoramica di fronte al Big Ben, da un lato, e l’avveniristico fungo della Millennium Arena dall’altro, la Tate Modern sembrava il pezzo centrale di una santa trinità architettonica che rappresentava la nuova Londra del blairismo. Non mancarono le critiche, per quei tre monumenti alla globalizzazione post-industriale: adesso tutti li adorano. La New Tate Modern è un altro passo avanti: dall’addio al Novecento a un «museo per il ventunesimo secolo», sintetizza Serota. Dopo una giornata riservata ai bambini – 3 mila scolaretti dalle isole Orkney in Scozia fino alla Cornovaglia – sarà inaugurata il 17 giugno con un weekend di film, musica, workshop, tour ed eventi ad orario prolungato fino alle dieci di sera, tre settimane di “live art” ossia di performance artistiche dal vivo (gratuite – così come rimane gratis l’ingresso nel museo, soltanto certe mostre sono a pagamento) e un esperimento permanente chiamato Tate Exchange, in cui 50 organizzazioni ed artisti d’avanguardia, dalle Guerrilla Girls a Tim Etchells, avranno a disposizione per i loro processi creativi un intero piano della Switch House, il nome della nuova ala piramidale. E grazie a una collaborazione con Bloomberg Connects, braccio digitale del gigante mediatico americano, sarà possibile visitare la nuova Tate Modern e interagire con essa attraverso schermi e applicazioni per tablet e smartphone. «Immaginiamo che andare alla Tate Modern, in futuro, sarà un viaggio ancora più virtuale che fisico», scommette Serota.
La presenza fisica, peraltro, è destinata ad aumentare: dai circa 5 milioni di visitatori l’anno attuali a circa 6 milioni, secondo il direttore. «Questo era un quartiere derelitto di Londra», ricorda, «e dal 2000 in poi la Tate Modern è stata l’epicentro della trasformazione. Adesso pensiamo che cambierà tutta la parte meridionale di Londra, anche grazie a un nuovo ingresso e a una nuova piazza che guardano a sud». Da parte sua Frances Morris promette «un sacco di sorprese», artisti da una sessantina di paesi, incluso un nuovo albero alto sette metri di Ai Wei Wei che troverà posto nella Turbine Hall, «e ovviamente la rassicurante presenza dei vecchi amici del nostro museo, Picasso, Rothko, Matisse, Louise Bourgeois».
Novità anche dall’Italia? «Sì, l’acquisizione, da una collezione privata di Torino, di un artista originale e straordinario, Emilio Prini», risponde la direttrice. Ci saranno anche quelle che descrive come “icone del futuro”: i poliziotti a cavallo (in carne e ossa – sia i cavalieri che i destrieri) di Tania Bruguera, «messi a confronto con la carica dei cosacchi di Kan- dinskij», oppure la torre di Babele costruita da Cildo Meireles con 800 radio a transistor di tutte le forme. E poi le mostre: una personale dedicata a Georgia O’Keefe (da luglio a ottobre), una per Robert Rauschenberg (da novembre all’aprile 2017) e una sulla fotografia moderna (dalla collezione privata di Elton John).
Ingrandire e rinnovare un grande museo di arte moderna, nella città d’Europa che ha più musei e più visitatori, naturalmente costa caro: 260 milioni di sterline, di cui 50 dallo Stato, 7 dalla municipalità di Londra, 1 dal circostante quartiere di Southwark e il resto da benefattori privati («Stiamo raccogliendo gli ultimi 30-40 milioni», avverte fiducioso Serota). Ma la Tate Modern ha già dimostrato nella sua prima incarnazione che l’arte paga ed è facile prevedere che diventerà una miniera d’oro pure la New Tate Modern. Eventuali dubbiosi devono venire sulla sponda sud del Tamigi e alzare gli occhi al cielo: invaso da una foresta di gru. Attorno all’ex-centrale elettrica e alla piramide sghemba sorgono nuove case, nuove torri, nuovi business. «Daremo un nuovo volto alla città», assicura Serota. Difficile non credere, davanti a questa cattedrale dell’arte moderna, che Londra continuerà a incantare.