Corriere della Sera, 15 aprile 2016
L’ultimo brindisi in onore di Casaleggio
Anche a questo servono i funerali. A rendere ufficiale una successione. «Chi condivideva il suo sogno lo persegua sino alla fine, senza mollare mai. Ciao papà».
La voce di Davide Casaleggio si incrina solo all’ultimo, al momento del saluto. Quando sale sull’altare, il suo discorso rappresenta il più doloroso dei debutti. Gli occhi di tutti sono su di lui, e non stanno guardando un figlio che ha perso il padre, ma l’uomo che ne ha raccolto l’eredità politica e aziendale, in un intreccio familiare dove risulta difficile capire chi ha lasciato l’impronta maggiore sull’altro. Gianroberto aveva puntato forte fin da subito su Davide, portandolo in azienda appena laureato. Ma il figlio aveva insegnato al padre come si costruisce un movimento attraverso il web, gli aveva aperto le porte di una conoscenza molto più pratica e terrena di quelle che per inclinazione frequentava il cofondatore di M5S. Nel 2004, quando Casaleggio senior comincia a dare forma all’utopia di Beppe Grillo, applica i dettami contenuti in un libro scritto in tempi non sospetti da Davide. Il titolo è I modelli dell’e-business, e dice molto meno del sottotitolo, che invece rivela appieno la natura dell’opera: manuale pratico per un’efficace strategia di presenza online. L’anno di pubblicazione è il 2002, Davide lo ha scritto a 26 anni, appena uscito dalla Bocconi, il Movimento è ancora lontano dal nascere, ma l’embrione è già contenuto in quelle pagine.
Il sodalizio
Padre e figlio sono sempre stati una cosa sola. La prova è nel ricordo di Davide, che quando comincia a parlare dal pulpito della chiesa di Santa Maria alle Grazie per consegnare un ricordo che deve per forza anche essere testamento e bilancio politico non dedica una parola alle teorie che in vita sono valse a Gianroberto Casaleggio dileggi e sfottò. Quello era il suo giardino segreto. «La sua migliore caratteristica è sempre stata quella di essere un gran lavoratore, un uomo tenace e audace. Da bambino non faceva i capricci per avere il suo giornalino preferito, lui si stendeva direttamente sopra le rotaie del tram». La riservatezza è un tratto di famiglia, rivendicato da Davide. «Non lo conoscevano davvero, non sapevano davvero chi era, e io ne sono orgoglioso». La cerimonia breve, quasi austera, ne è una ulteriore prova. La famiglia aveva chiesto di non sventolare bandiere, e in effetti sul piazzale ce ne sono poche, come pochi sono i mazzi di fiori e le corone. In chiesa c’è Umberto Bossi, una sorpresa, che rimarcherà «l’affinità» tra M5S e la sua Lega Nord. A messa già cominciata arriva la delegazione del Pd, il vicesegretario Lorenzo Guerini, il deputato Emanuele Fiano e il segretario cittadino Pietro Bussolati. La loro presenza è un atto forse dovuto, comunque un gesto di rispetto, che viene accolto con sentimenti diversi. Quando appare nella piazza, il terzetto Pd riceve sparuti applausi. Al momento dell’ingresso in chiesa parte una bordata di fischi e improperi. Poca cosa, comunque.
Il coro
Beppe Grillo, mai visto così provato, arriva invece in anticipo, al seguito dei cinque del Direttorio, ripetendo lo stesso ordine di marcia fatto ieri per la visita alla camera ardente. Siedono tutti sulla prima panca, e dietro di loro l’ampia rappresentanza dei parlamentari pentastellati, compresi i candidati alle prossime amministrative. C’è anche, e viene accolto bene, Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma in odor di eresia. Non era giornata di divisioni, non è questo quel che chiede la folla radunata fuori dalla chiesa, che più volte, soprattutto all’uscita del feretro scandirà il coro «Onestà, onestà», il mantra dei Cinque stelle. Quando lo sentono, i parlamentari e i cinque membri del Direttorio applaudono, salutano, appaiono rinfrancati dalla manifestazione di affetto nei loro confronti.
L’alleanza
Ma se ai funerali «politici» e non solo quelli si va soprattutto per scrutare le reazioni di chi resta, per leggere dei segnali di quel che sarà, non resteranno che due immagini. La prima è l’abbraccio enfatico, ripetuto, dei due giovani dioscuri. Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista non sono mai sembrati così uniti, e la loro intesa cordiale è continuata anche al bar Magenta, per l’ultimo brindisi in onore di Casaleggio. La seconda, più importante, è la deferenza con la quale Davide viene abbracciato dai maggiorenti pentastellati. «Sta nascendo un capo» dice un militante che assiste alla scena. Alla vigilia del funerale ha lasciato ben presto la camera ardente per tornare in ufficio, prendere subito possesso del suo nuovo ruolo gli sembrava il modo migliore per onorare il padre. L’aneddoto sui cinquanta seminaristi chiamati a scrivere il proprio nome sopra un palloncino non è inedito, ma lo ritiene il più adatto a spiegare una figura complessa come quella di suo padre. «Tutti erano alla ricerca del palloncino, tutti siamo alla ricerca della felicità, che consiste nel darla alle altre persone. Mio padre non ha mai tenuto alcun palloncino per sé, li ha sempre donati con il sogno di cambiare questo Paese». Alla fine Davide si commuove. L’ultimo saluto a chi non c’è più è sempre una questione privata. A volte lo sono anche i passaggi di consegne.