Avvenire, 14 aprile 2016
I quarant’anni di musica di Mimmo Locasciulli
Intorno ai quarant’anni... di carriera. Torna e si festeggia Mimmo Locasciulli. Lo fa con un doppio cd (da oggi nei negozi) con venti pezzi che sono anzitutto pezzi di vita, quei Piccoli cambiamenti che fanno da titolo alla sua nuova fatica e all’unico brano inedito di questa luminosa e toccante cavalcata attraverso quarant’anni di musica. A duettare con Locasciulli ci sono alcuni dei suoi più importanti compagni di viaggio, a partire da Francesco De Gregori ne Il suono delle campane, scritto e cantato insieme vent’anni fa quando il mondo aveva conosciuto gli orrori in Ruanda-Burundi e in Bosnia. «Quelli della mia generazione – spiega il 67enne pianista cantautore abruzzese, nonché medico, dietologo e nutrizionista – hanno vissuto nella bambagia. La seconda guerra mondiale era già finita e ci sembrava che i conflitti fossero qualcosa di ormai lontano e impossibile. Invece le guerre sono dappertutto e quelle nascoste che non conoscevamo ora sono qui, con il terrorismo e con il dramma quotidiano dei migranti che stanno a ricordarcele. Ma nonostante tutto io credo nell’uomo e nella dimensione del bene. Siamo chiamati ad amare, anche se gli uomini vivono come se non fosse così». All’uomo miope schiavo del denaro e illuso dal fuorviante fascino perverso di rivoluzioni, nuovi ordini sociali, ideologie e mascheramenti di sorta, Locasciulli oppone la «saggezza dei piccoli cambiamenti» che costellano la vita e illuminano la meta.
«Piccoli cambiamenti è la summa di questo album. E come in ogni mia canzone anche qui c’è una fondamentale chiave di lettura, l’amore. Dove possiamo trovare la nostra salvezza. Quando canto «E tu chiamami amore, lasciami un’occasione / Dimmi una parola e ti rispenderò» sottolineo che se nei rapporti tra le persone non c’è l’amore, tutto finisce nel nulla della giungla. Il sorriso è ormai sparito dalla vita quotidiana. Ma senza un riavvolgimento della bobina non si andrà da nessuna parte».
L’idea iniziale di questo disco di compleanno (il primo album di Locasciulli risale al 1975, Non rimanere là, registrato col Folkstudio dove hanno mosso i primi passi anche De Gregori e Venditti) era realizzare una sorta di special edition per i fan. «Ero partito da 60 brani, ma alla fine ne sono rimasti 19 più l’inedito. C’è la paleontologia del mio repertorio, anche se non è consuetudine inserire brani dei primi dischi. Invece io ho lasciato volutamente fuori le ultime produzioni, perché non ancora “invecchiate” e bisognose di un rifacimento». Oltre ad averne ricantate alcune, in duetto con Ligabue (Confusi in un playback, primo singolo già in rotazione, scritta trent’anni fa con Ruggeri), Frankie Hi-Nrg, Andrea Mirò, Alex Britti, Gigliola Cinquetti, Alessandro Haber & Stefano Delacroix, l’amico cabarettista ’Nduccio ed Enrico Ruggeri (Aria di famiglia), Locasciulli ha registrato ex novo pianoforti, organi e voci, ha aggiunto e arrangiato gli archi (suonati da Giovanna Famulari col Juan Carlo Zamora String Ensamble), ma ha mantenuto la maggior parte delle ritmiche, recuperando alcuni assoli o parti a suo tempo registrate ma non utilizzate nell’originale. Tutto ciò nel solco di quei piccoli cambiamenti che sono l’armonia di chi rifarebbe «le stesse cose per ripercorrere la stessa meravigliosa strada». Il mondo di un pianista («innamorato del suono dell’organo e di miti come Al Kooper e i Procol Harum») onnivoro di quella musica che ondeggia tra pop, rock, blues e jazz, con i piedi piantati nel folk americano assaporato ascoltando Bob Dylan. «Io sono per ogni forma d’arte. Sono un cinefilo e un divoratore di libri, ma oggi ne vengono pubblicati troppi e inutili. Nella letteratura – dice – accade più o meno quello che sta accadendo nella musica con i talent show in tv. Bravi cantanti tutti uguali, ma vuoto di parole e di autentici significati. Manca la scrittura d’autore. Speriamo che sia solo un periodo di transizione».