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 2016  aprile 14 Giovedì calendario

Il fenomeno della camorra su Facebook

La camorra sbarca sui social. E fa sul serio. La scoperta è di qualche giorno ed è opera dei cronisti de Il Mattino e del Corriere del Mezzogiorno. Aprire Facebook e vedere la pagina chiamata “O’ Sistema” lascia di stucco. Polizia postale e Direzione distrettuale antimafia di Napoli sono già al lavoro per individuare il gestore del “profilo”, a noi tocca il compito di “navigare” in una pagina che lascia veramente poco spazio all’immaginazione.
Foto iniziale: una bambina che in sequenza, e come le tre scimmiette, si copre il volto, la bocca e le orecchie. Non vedo, non sento, e non parlo. Messaggio rivolto ai pentiti, gli infami. Perché “è meglio guardare il sole a scacchi che guardare a testa bassa le persone che tradisci”. E chi lo fa “non merita perdono”. Già dai primi post, per seguire poi alla pubblicazione di spezzoni di film (Gomorra impazza), si capisce che l’autore della pagina sa come maneggiare i messaggi. Investigatori e studiosi della camorra hanno pochi dubbi: i boss hanno capito che per attirare i giovani bisogna utilizzare linguaggi moderni.
Nei giorni passati qualcuno aveva avanzato l’ipotesi che quella pagina Fb, che al momento in cui scriviamo ha raccolto già 23.808 like, fosse una goliardata.
“Non è una ragazzata – confessa un investigatore – qui siamo di fronte ad una precisa strategia comunicativa della camorra”. La stessa che vede i giovanissimi boss che si combattono a colpi di mitra per le strade di Forcella, dei Quartieri Spagnoli e di Scampia, assumere un nuovo look. Le barbe lunghe e curate che richiamano i boia dell’Isis non sono solo un vezzo, ma servono a comunicare un messaggio di forza, spietatezza, invincibilità. Insomma, valori che si innestano su quelli tradizionali come l’onore e la fedeltà. “La galera non fa paura, fa più paura la fame”, si legge in uno dei post della pagina.
Uno slogan che produrrà certamente effetti nefasti su un giovane nato e cresciuto in una periferia senza futuro. E poi l’onore. Che “non è una cosa che va e che viene…si c’è… c’è”, con tre punti esclamativi finali, perché chi deve intendere intenda. Che la camorra, più di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta, sia da sempre abituata ad usare modelli di comunicazione sociale molto popolari, non è una novità.
La canzone è uno degli strumenti favoriti. L’ultima produzione di successo è la hit “’o capoclan”, di Nello Liberti. Canzone e video su You Tube. Si vede il boss che consegna ai suoi “guaglioni” un ordine di morte per un infame. Perché – canta Liberti – “’o capoclan è n’ommo serio che è cattivo nun è ‘o vero”. Insomma, un uomo giusto, che ammazza per necessità (sempre, nella canzone, con un sottofondo di schitarrate a tutto volume). Altra canzone, altro video sui social.
Titolo: “’A società”, dove “nisciun adda tradì”. Nel video si vede una mamma con un bambino, sullo sfondo una periferia sgarrupata. Lei invita il piccolo ad andare a scuola. La risposta del bambino è raggelante: “Mammà, a me a scola nun me dà niente”. Musica a palla per disgregare quel minimo di valori civili che nell’inferno napoletano ancora resistono.