la Repubblica, 14 aprile 2016
Berlusconi prima lascia solo Brocchi, poi se la prende con Mihajlovic e tifosi
Anche in giacca e cravatta Brocchi ha un po’ l’aria del ciclista tignoso. Ma ci si può sbagliare, a immaginarlo semplice gregario: parte in salita, però lo sa: «Non penso di essere il più bravo, né il più scarso. I miei modelli sono Prandelli e Ancelotti. Se andrà bene, mi sarò conquistato il diritto di allenare ancora il Milan. Se andrà male, avrò l’umiltà di riconoscerlo». Ha poco più di un mese, per vincere la sfida. Altrimenti Galliani ha già annunciato che tornerà alla guida della Primavera e che la discriminante non saranno i risultati – il sesto posto dell’Europa League, la conquista della Coppa Italia – ma il gioco: elemento alquanto soggettivo. Il vantaggio è che il soggetto giudicante, Silvio Berlusconi, è assai ben disposto verso il giudicato: sconfessarlo significherebbe sconfessare se stesso, anche se ha accolto l’invito di Galliani a non garantirgli un contratto pluriennale.
Brocchi intende ribaltare i preconcetti dei numerosi scettici. Ha avviato la riforma tattica verso il 4-3-1-2. Ha varato esercitazioni sul possesso palla e sull’occupazione degli spazi. Lancerà il diciottenne regista Locatelli e forse rilancerà il diciannovenne terzino Calabria. Ascolta i consigli del mental coach Pecciarini: rapportarsi a calciatori esperti non è come allevare aspiranti campioni.
La partenza in salita, tuttavia, è stata anche la presentazione in sé, con la rumorosa assenza del datore di lavoro, che pure ne ha imposto l’insediamento in panchina in sostituzione del detestato Mihajlovic, a sei giornate dalla fine del campionato e a poco più di un mese dalla finale di Coppa Italia con la Juventus. Berlusconi ha battezzato via internet il progetto sulla squadra giovane e italiana e ha benedetto da Arcore il pupillo. Però ha evitato di accompagnarlo ieri a Milanello, malgrado la sua presenza venisse data per certa dal club, poi costretto ad annunciare l’improvviso cambio di programma.
Autorevoli esegeti aziendali hanno ammesso che la lettura più ovvia del ripensamento stavolta non è affatto maliziosa: abituato ai plebisciti e dunque contrariato dalle manifestazioni di scherno e dai sondaggi con cui martedì il popolo tifoso ha esibito massiccia indignazione per la cacciata di Mihajlovic, il padrone si è volentieri sottratto al rischio che l’abituale monologo autocelebrativo virasse verso la scomoda autodifesa. Inevitabile sarebbe arrivata anche la domanda fatale, quella che più interessa i milanisti da oltre un mese, dopo la rivelazione di Repubblica sulla trattativa tra Fininvest e un gruppo imprenditoriale cinese per il passaggio del 50% delle quote del club e per il successivo trasferimento della maggioranza: presidente, vende o non vende?
Galliani ha glissato, né si è mostrato preoccupato per le notizie sulla sua eventuale destituzione: «Mi sento in forma, ma i manager li sceglie la proprietà. Col presidente parlo solo di calcio: ci confrontiamo e poi condividiamo le decisioni. Le trattative riguardano i proprietari, cioè Fininvest». Tocca cioè a Berlusconi dire sì o no ai milioni – 300, secondo fonti finanziarie – che determinerebbero durante l’estate il tramonto del trentennale impero sportivo. Nel frattempo non mostra alcuna intenzione di abdicare. La promozione di Brocchi, anzi, diventa il segno della sua volontà di occuparsi 24 ore su 24 di calcio, aspetti tecnici inclusi. In serata ha gettato la maschera via Facebook, in una lettera ai tifosi: «Non posso condividere che si metta in discussione il mio amore per il Milan: rivendico con orgoglio tutte le mie scelte. Non abbiamo mai visto giocare la squadra così male. Valuteremo a fine stagione Brocchi». Che non è tipo da offendersi, nemmeno di fronte all’etichetta di quello che realizza il sogno del patriarca: fargli fare la formazione, cioè fargli fare l’allenatore. Strizza appena gli occhi: lo dicevano anche di Ancelotti, sembra voler dire: «Ho sempre rispettato i superiori, come rispetto chiunque. Non è questione di yesman». Se è diplomazia, non la possiede di sicuro Mihajlovic: «Sul mio esonero chiedete al presidente». Che cosa invece pensi di Melissa Satta, la compagna di Boateng che parla di tensione nello spogliatoio, è chiarissimo: «Penso che le donne non dovrebbero parlare di calcio».